Intervistato da TMW, Pantaleo Corvino, ex DG della Fiorentina, ha parlato così: “Il passato? Magari ho anche qualche rammarico, ma intanto mi preparo per il futuro e penso alle prossime scoperte e ai risultati che verranno ”. Direttore, dopo l’addio alla Fiorentina le possibilità di rientrare a campionato in corso, ovviamente, non le sono mancate. “La Fiorentina è stata ceduta a giugno, quando i management delle altre società erano già completi. Accettare una chiamata a campionato in corso, anche se l’ho fatto già a Bologna dove l’esperienza pur condita dalla promozione in A con successiva salvezza nel massimo campionato e la valorizzazione di tanti calciatori, è una sofferenza. Quindi ho pensato che non fosse il caso. Ritengo che cominciare dall’inizio costruendo con tanta energia ed entusiasmo un nuovo ciclo sia la scelta migliore”. Castrovilli (97), Vlahovic (2000), Milenkovic (97), Dragowski (97) acquistati per neanche dieci milioni. E Chiesa. Tutti protagonisti della Fiorentina attuale, tutte operazioni figlie del secondo ciclo targato Pantaleo Corvino. Quanto valgono oggi? “Il prezzo lo devono fare gli altri e il mercato”. È ancora la Fiorentina di Pantaleo Corvino? “Dieci anni sono tanti, da Firenze, dalla Fiorentina e dalla Famiglia Della Valle ho ricevuto tanto e a tutti loro ho cercato di dare altrettanto anche quando non ci sono riuscito. Alla Fiorentina e a Firenze auguro ogni bene. E di ottenere sempre risultati migliori. Magari anche migliori della nostra gestione che ha raccolto nonostante un ambiente non compatto soddisfazioni anche nella seconda parte dove abbiamo assistito ad un periodo di equilibrio finanziario. Negli ultimi tre anni non era facile fare sessanta punti la prima stagione, cinquantotto sfiorando l’Europa la seconda ed essere fino a gennaio del terzo anno a tre punti dalla Champions. E sono sicuro che anche la terza stagione con la squadra più giovane d’Europa figlia di un’idea ben precisa sarebbe finita come gli anni precedenti se per diversi motivi, nel finale non si fosse alterato tutto”. Diawara e Veretout presi al Bologna e alla Fiorentina oggi, compongono la linea mediana della Roma. Così come Pulgar e Castrovilli quella viola... “Le ho già detto che questo fa parte del passato. Devo pensare ai prossimi colpi, quelli del futuro”. E il suo Lecce, direttore? Si salverà? In panchina c’è quel Fabio Liverani che lei ha avuto da giocatore a Firenze. “È la squadra del mio Salento, della mia terra, delle persone a me più care. Faccio il tifo affinché possa salvarsi. Liverani era già un allenatore in campo: oltre ad aver vinto un campionato di C e di B se la sta giocando in Serie A proponendo un modello di gioco e organizzazione, complimenti, davvero”. L’emergenza Coronavirus e le partite a porte chiuse: sarebbe stato più opportuno rinviare il campionato? “Partiamo dal presupposto che la salute pubblica viene prima tutto. Possiamo però urlare che le porte chiuse sono l’anti calcio. Se non c’è il tifoso manca l’ingrediente principale. No... dal mio punto di vista non si deve giocare e prova ne sia quanto accaduto ieri. Se l’Italia chiude e prende delle misure drastiche come chiudere le scuole ed altre manifestazioni anche il calcio ha il dovere di prendere misure drastiche nell’interesse di tutti. Si sa bene che quando bisogna prendere delle decisioni in momenti particolari non accontenti mai tutti, ma chi ha delle responsabilità ha il dovere di fare delle scelte anche a costo di essere criticato. Bisogna tutelare il diritto della salute di tutti. Ma il calcio a porte chiuse non è calcio, perché i protagonisti oltre i calciatori sono i tifosi, senza di loro manca il cinquanta percento. Non si deve giocare, bisogna cristallizzare tutto e riprendere da dove ci si è fermati. Anche a costo di fare gli straordinari ad emergenza finita. Quando si verificano fenomeni inimmaginabili bisogna prendere provvedimenti altrettanto impensabili. È giusto salvaguardare tutti: calcio, calciatori e tifosi e chi dovrà occuparsi di fare delle scelte è all’altezza di farlo”.
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