ITALIANO, L'uso "pensato" del pressing nel suo metodo di gioco
Nel gioco di Italiano c’è questa difficoltà: si deve pensare. Johan Cruijff disse ai giocatori del Barcellona: “Posso dirvi il 35% di quello che dovete fare. Dalla metà campo in su si usa la testa, come facevo io”. Il gioco del tecnico della Fiorentina discende da questi princìpi. Anche se il calcio odierno ha un’altra matrice. Questa matrice si chiama Tomislav Ivic. Allenatore, come Ernst Happel, “giramondo”. Prestanza fisica, atletica, tanta corsa, diagonali e pressing alto. La sua Hajduk Spalato ne era l’essenza. Ivic venne sì, influenzato dal totaalvoetbal di Mitchels, ma non ne comprese mai la natura intrinseca. Non era olandese. Creò la variante europea del modo di intendere il calcio. Variante europea, perché accettabile dai costumi di tutta Europa. L’Italia, va detto, ne è la perfetta concezione: tanta corsa, traballante difesa e il centrocampo come fulcro del gioco. Insomma, questa variante è qualcosa di più ragionato del kick and rush. Italiano fa convergere tutte queste conoscenze in una sola squadra: la Fiorentina. Infatti, come si è potuto osservare ieri, durante il match di Coppa Italia contro il Cosenza, la squadra viola attuava un pressing “perpetuo” e “dinamico”. In questo si potevano rivedere due allenatori, ormai, classici del calcio contemporaneo: Klopp e Guardiola. La Fiorentina, quando doveva e voleva riconquistare la palla, usava il così detto “accerchiamento” alla Guardiola. Si gioca in una sola metà campo, la metà campo difensiva non esisteva, almeno non nell’accezione comune. I giocatori in maglia viola ruotavano attorno alla palla e ne stringevano gradualmente nella loro morsa il portatore. Gli toglievano le linee di passaggio più elementari. Lo mettevano sottopressione. Lo obbligavano a pensare in maniera repentina. Ad alzare la palla. Orientavano la giocata del calciatore per renderla prevedibile. Poiché il rischio resta sempre e non puoi renderlo nullo. Nessuno guardava alle proprie spalle e nessuno degli avversari dava profondità. Italiano, per esempio, a Moena ha lavorato proprio su questo. Di Klopp si è potuto osservare la densità limitata, ben circoscritta all’interno di una “zona intermedia”. Diciamo che la squadra occupava, pressappoco, metà metà campo avversaria e metà metà campo propria. Questo quando non avevano il dovere e la volontà di recuperare la sfera da gioco. Si potrebbe di dire: “Quando attendevano”.