In memoria di Sinisa
Ci ha lasciati Sinisa Mihajlovic, ma non il suo ricordo. Attraverso una partita la sua storia...
26 aprile 1890, Forlì, sulle pagine della rivista La Rivendicazione si legge sotto il titolo “Per primo maggio”:
“Il primo maggio è come parola magica che corre di bocca in bocca, che rallegra gli animi di tutti i lavoratori del mondo, è parola d'ordine che si scambia fra quanti si interessano al proprio miglioramento”.
Otto ore lavorative. Otto ore. Quante vite costa il tempo
Siamo a Chicago, in Illinois, nel lontano 1886, le strade si fanno gremite di gente. Lavoratori, da ogni dove della città, camminano per le strade uniti, protestando contro orari e quantità di lavoro insostenibili. Vogliono una legge, una legge che debba essere approvata a livello nazionale.
La protesta è civile. I manifestanti minacciano solo di astenersi dal lavoro. Eppure, quelli in divisa blu non possono pensarla così, o, alcuni, non la pensano così.
“Dovete reprimere!”, questo l'ordine.
Spari sulla folla. Urla agghiaccianti di terrore.
Da qui inizia la lotta operaia.
Perché raccontare questa storia?
La partita che stiamo per narrare si svolge l'1 maggio 2011 e il protagonista non è un tipo che si arrenda facilmente.
Non sarà lui a giocarla, ma la sua squadra. Stiamo per proporvi il match più pirotecnico della sua gestione. E, in ogni caso, che giochi o non giochi, merita di essere usata come mezzo attraverso cui raccontare la storia di quest'uomo.
Si chiama Sinisa. Serbo, ma nato nella croata Vukovar, il 20 febbraio 1969.
Per 87 giorni, tra agosto e novembre 1991, la città venne assaltata dall'artiglieria dell'Armata Popolare Jugoslava, leale a Belgrado durante la Guerra di Indipendenza Croata. Fu annessa al territorio della Croazia soltanto nel 1998.
Lo abbiamo detto: il tipo è tosto e la terra da cui proviene non è da meno.
Fa parlare, eccome, di lui. Da calciatore terrorizzavano le sue punizioni. Perché? Beh… L'Università di Belgrado ha calcolato una velocità del pallone attorno ai 160 km/h. Che dite? Non vi fa un pochino paura? Soprattutto perché i suoi missili non erano solo potenti: 28 reti realizzate, 3 in una partita. Due record per la nostra Serie A.
Non vi basta? Allora… il ragazzo classe '69 ha giocato nello Stella Rossa di Savicevic, Pancev e Prosinecki. Sì, sarebbe quello Stella Rossa lì: vincitore della Coppa Campioni 1990-91. Ah già! Il giovine era titolare.
In Italia ha indossato le casacche di Roma, Sampdoria, Lazio e Inter. Può annoverare nel suo palmarès italiano: 2 Scudetti, 4 Coppe Italia, 3 Supercoppe Italiane, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa UEFA.
Da allenatore… La storia è particolare. Non sceglie mai piazze facili e situazioni facili. Parte dal Bologna, subentrando a Daniele Arrigoni. Poi va al Catania, portando i siciliani a vincere, dopo 46 anni, a Torino contro la Juventus; salvandoli e fissando il record di punti della squadra in A: 45. Record migliorato successivamente da Simeone, Montella e, infine, Maran.
E dopo? Ecco, ci siamo. Il 3 giugno 2010 firma per la Fiorentina. Quella viola non brillerà tantissimo: nona in campionato. Eppure i Della Valle vorranno, comunque, dargli fiducia: rinnovo fino al 2012.
“Sono qui per dire che resto. E’ vero, qualche giorno fa sono stato contattato dall’Inter, volevano capire la mia disponibilità ad andare a Milano: della chiamata ho subito avvertito Corvino, al quale ho spiegato anche la mia volontà, quella di voler rimanere a Firenze”, questo un estratto delle dichiarazioni riportate da La Gazzetta dello Sport.
Sì, Sinisa lo voleva l'Inter. Ma lui: “Resto a Firenze”.
La partita
Il cielo è limpido. Il sole splende, facendo brillare i ciuffi verdi del manto erboso dell'Artemio Franchi. Vero: “Firenze fa conca”; ma l'afa tipica dell'estate fiorentina risulta essere abbastanza lontana. Abbiamo appena iniziato maggio e la calura, ancora, resta “sopportabile”.
Le squadre fanno il loro ingresso in campo, accompagnate dalla Canzone Viola. La voce registrata di Narciso Parigi risuona per tutta la struttura.
I tifosi sono in piedi. Ovvio, devono cantare l'inno; l'inno della loro Fiorentina.
Le formazioni:
FIORENTINA: Boruc, De Silvestri, Gamberini, Krøldrup, Pasqual, Montolivo, D’Agostino, Behrami, Cerci, Gilardino, Vargas. Allenatore: Sinisa Mihajlovic.
UDINESE: Handanovic, Benatia, Zapata Valencia, Coda, Cuadrado, Isla, Pinzi, Asamoah, Pasquale, Badu, Di Natale. Allenatore: Francesco Guidolin.
L'Udinese, che affronta la viola, è da preliminari di Champions League. Guidolin “guida” bene i suoi ragazzi. Quella squadra arriverà quarta nel nostro campionato, facendo il suo record di punti: 64.
Inoltre, ha, tra le sue file, il Capocannoniere della Serie A: Totò… Totò Di Natale. L'attaccante terminerà la stagione con un totale di 28 reti.
Dopo di che, sempre nella rosa bianconera, ci sarebbero anche un certo Alexis Sanchez e un certo Juan Guillermo Cuadrado. Solo così, tanto per non dimenticarsene.
La viola, però, può star tranquilla. Infatti, dispone di buone armi adatte al contrattacco: Juan Manuel Vargas e Alberto Gilardino per dirne un paio.
Il fischietto è l'Avvocato Christian Brighi della Sezione di Cesena.
Tutto pronto. Adesso si comincia.
La Fiorentina parte all'arrembaggio. Aggressiva e coraggiosa trova la rete del vantaggio. Minuto numero 9': Cerci riceve palla sulla destra. Affronta uno contro uno Cuadrado. Lo salta secco. Arriva sul fondo del campo e pennella un cross non proprio perfetto. Diciamo “non proprio perfetto” se a riceverlo, dall'altra parte, ci fosse un calciatore normale. Il problema, per l'Udinese, è che, invece, ci sia un Loco. La coordinazione da trovare, con cui mandare la sfera nello specchio, sarebbe delle più complicate. Diciamo “sarebbe” se a coordinarsi ci fosse un calciatore normale. Quello lì è Juan Manuel Vargas. Sassata di mancino e 1-0.
Handanovic resta a bocca spalancata: ha visto la partenza e l'arrivo. Basta.
Passano i minuti e la squadra del Sergente asfissia gli avversari. 21esimo: Montolivo si accentra dalla sinistra. Finta di andare sulla sua destra. La terza linea dell'Udinese ci casca in pieno. Pallone nel mezzo. Behrami svirgola la palla, ma arriva in inserimento Gaetano D'Agostino. Batte a rete: 2-0 viola.
Sinisa sarà contento? No, altrimenti non lo chiamerebbero Sergente. Perché sì, lui è il Sergente “di cui sopra".
“I giocatori devono fare quello che dico io”, dirà quando allenerà il Torino. Vero, ma ha anche un gran cuore. In quanto lui si pone questa domanda: “Perché non far giocare un giovane?”.
Insegna che i rapporti coi giocatori si basano sulla fiducia e sulla responsabilità che l'accompagna. Tanto da fare capitano del Toro un tipo che noi conosciamo: Marco Benassi aveva 22 anni, il giorno in cui Sinisa gli diede questa onorificenza.
E non solo responsabilità e fiducia. I giovani hanno fame; hanno voglia di dare tutto; hanno ambizione; hanno sogni; hanno potenziale creativo. Il Sergente li protegge e, quando li risponde a tono, o se ne esce con determinate battute durante le conferenze stampa, lo far per dire loro che sono pronti a fare quel passo avanti.
Insomma, li fa credere in loro stessi, ma sempre restando coi piedi ben saldi a terra. Poiché, se si vuole sviluppare il proprio potenziale creativo, si deve combaciare col senso del reale.
Torniamo alla partita.
Minuto 29': calcio d'angolo nella metà campo gigliata. Alla battuta va Di Natale. Sistema palla e crossa. Benatia colpisce male di testa, ma D'Agostino lo emula, facendo peggio. Invece di spazzare la palla, forse remore del suo passato tra i friulani, serve un assist perfetto a Pinzi. Il bianconero tira fuori una stupenda mezza rovesciata. La traiettoria presa dalla sfera è imparabile. L'Udinese accorcia: 2-1.
Sinisa caccia un urlo alla sua difesa distratta. Da buon ex difensore, seppur col vizio del gol, certe situazioni le conosce: mai aprire la gabbia, quando un leone è affamato.
Il Sergente non vuole cali di pressione.
La Fiorentina, allora, si dirige di nuovo in avanti. Sullo scadere dei primi 45': Pasqual, dopo aver scambiato con Montolivo, disegna una delle sue traiettorie, trovando la testa del Gila. Il bomber prova a girare verso la porta. La sfera esce di poco.
L'Avvocato Brighi fischia due volte. Si va negli spogliatoio.
Probabilmente Sinisa li avrà strigliati non poco i suoi: davanti hanno l'Udinese quarta in classifica e non puoi concederti la minima sbavatura. Soprattutto, perché Di Natale ha nella viola una delle sue vittime predilette. Nella sua carriera: 19 partite con 9 gol e 4 assist.
Secondo tempo
Probabilmente lo hanno ascoltato. Il secondo tempo vede i gigliati essere ancora più propositivi.
51esimo: la Fiorentina gestisce palla sulla sinistra. D'Agostino riceve da Vargas. I friulani sono troppo schiacciati. Così l'ex bianconero carica il suo mancino. Forse un tentativo di assist per Gilardino, che si era lanciato verso la porta, o forse no? Fatto sta che Zapata devia e spiazza Handanovic: 3-1.
“La fortuna aiuta gli audaci”, citando Virgilio.
Pochi minuti dopo i viola ci riprovano con Cerci che ubriaca un paio d'avversari. Poi passa a Behrami. Lo svizzero tira, ma Handanovic devia prontamente. Si resta 3-1.
“La fortuna aiuta gli audaci” ok, ma non bisogna esagerare.
I viola lasciano troppi spazi e l'Udinese non si fa pregare. 57esimo: Di Natale ottiene palla al limite dell'area. Il centrocampo della Fiorentina totalmente andato. Denis attacca bene una terza linea viola troppo stretta. Totò lo vede. Pallonetto. L'attaccante argentino salta e serve Asamoah. Il ghanese calcia, superando Boruc: 3-2 e di nuovo risultato in bilico.
Sinisa caccia un altro urlo. Stanno di nuovo riaprendo la gabbia e il leone ha fame.
La Fiorentina spinge sull'acceleratore. Deve chiudere la partita. Arriva un'occasione su calcio di punizione. Gilardino non riesce a inquadrare la porta.
I viola giocano sul filo del rasoio e il Sergente lo sa. Li sprona a restare concentrati, ma, anche, a non avere fretta, a non sbilanciarsi troppo. Capisce il momento. Capisce l'avversario.
Alla fine, 71esimo: Behrami raccoglie un pallone a centrocampo. Lo gioca in profondità. Cerci scatta e con un pallonetto scavalca Handanovic: 4-2.
Stando al fermo immagine, però, l'attaccante della Fiorentina sembrerebbe leggermente avanti. Comunque, posizione molto complicata da giudicare.
Il match comincia a prendere la piega che i gigliati vogliono. L'Udinese si squilibra. Così Sinisa smuove la panchina: entra Marchionni ed esce Vargas. Forze fresche sulla fascia per le ripartenze.
Infatti, al minuto numero 86' l'azione che manda ai titoli di coda: contropiede gigliato. D'Agostino osserva proprio il neoentrato, Marco Marchionni, correre sulla sinistra. Sventagliata precisa, quanto sopraffina. Friulani inerti. L'esterno col 32 entra in area di rigore, servendo all'indietro Cerci. Il viola calcia e segna la rete del definitivo K.O. bianconero: 5-2 Fiorentina.
90esimo: l'Avvocato Christian Brighi soffia tre volte.
Il motivo di questo racconto
Il protagonista della storia è Sinisa Mihajlovic. Certo, non l'ha giocata lui questa partita, ma, come abbiamo anticipato, non era importante che la giocasse.
Fiorentina-Udinese dell'1 maggio 2011 ha molti significati, perfettamente correlati alla storia di quest'uomo.
Viene da una famiglia operaia: la madre lavorava in un calzaturificio e il padre era un camionista.
Questo lo si sente nelle sue dichiarazioni e lo si vede dalla disciplina e dalla responsabilità, con le quali affronta i problemi che gli si parano davanti. Il dire: “abbiamo fatto schifo, è colpa mia”; il dire poco esaltato: “abbiamo fatto una buona partita”. Ma soprattutto quando:
Giornalista: “Volevo parlare di Benassi: oggi ha fatto gol. Penso che non sia facile, per un ragazzo di 22 anni, indossare la fascia di capitano del Torino. E penso che lei stia facendo bene, responsabilizzandolo…”
Mihajlovic:"Non è facile alzarsi ogni mattina alle 4, 4 e mezza e alle 6 andare a lavorare tutto il giorno, senza arrivare a fine mese. Questo non è facile. Quello che lui fa è un piacere. E deve essere contento, deve essere orgoglioso, perché ha 22 anni e gioca nel Torino. Ne è capitano e ha fatto pure gol. E' una persona fortunata come tutti quanti noi che facciamo questo lavoro".
Sì, Sinisa non lo ha mai nascosto: “Fortunato come tutti quanti noi che facciamo questo lavoro”. Perché lui sapeva che cosa significasse soffrire, cosa significasse lottare ogni giorno per sfamare la propria famiglia. Lo aveva visto coi suoi occhi, vissuto sulla propria pelle.
Lui, il Sergente dal cuore buono, ha sempre affrontato tutto di petto con orgoglio e determinazione. Anche quando quel 13 luglio 2019 dovette comunicare alla stampa della sua malattia: leucemia mieloide acuta.
Era sempre sotto i riflettori, ma non l'ha mai voluta spettacolarizzare. Anzi, ha sempre affermato che non se ne doveva parlare e si arrabbiava non poco, se qualcuno osava sfiorare l'argomento.
Disciplina e responsabilità, ma pure riservatezza e sempre piedi saldi a terra. Un tipo tutto d'un pezzo.
“La vita è una cosa meravigliosa e io cerco di godermela al massimo, con tutti i miei pregi e difetti”, parole sue.
Vero, ne aveva di difetti: un carattere particolare che, sia da calciatore, sia da allenatore, a volte gli ha creato problemi. Però aveva anche pregi che prevaricavano quei difetti.
Difficile da interpretare quest'uomo. Non ha voluto mai mostrarsi vulnerabile. Nemmeno davanti a questa orribile malattia, affrontandola a muso duro fino a ieri pomeriggio. E, seppur sulla carta ne è uscito sconfitto, nella realtà ha dimostrato di essere un vincente.
Grazie Sinisa. Perché? Perché la tua non è stata una resa.
Da Bologna a Bologna. Forse era destino. La città che ti ha lanciato come allenatore, ti ha consacrato come leggenda. E questa sarà per sempre la tua vittoria.
Nel mezzo Catania, Firenze, Belgrado, Genova, Milano, Torino e Lisbona.
Dedica dell'autore
Noi moriamo, ma le nostre orme restano.
Raccontare è questo. Le orme, quelle orme, rievocano sensazioni e poterle esprimere, o, meglio, tentare di esprimerle rappresenta un lavoro non da poco.
Chi lo fa, deve essere cosciente che lui sia un mezzo; un mezzo attraverso cui avvicinare, attraverso cui far fluire le emozioni. Dispiegandole nei cuori delle persone che hanno conosciuto, o ancora non conoscono i protagonisti delle storie.
Ogni vita merita di essere raccontata. Raccontata al suo meglio, perché l'autore sapeva di non poter trasmettere tutto, ma sperava di trasmettere la sensazione che un'orma gli aveva lasciato.
Un piacere e un onore Sergente. Un piacere e un onore averti narrato.