Foto di Giacomo Morini ©
Foto di Giacomo Morini ©

L'idea di Italiano era quella della verticalità. Eppure le funzionalità non hanno manovrato, limitando la fluidità della legge del calcio.

Funzionalità sono quelli che noi chiamiamo “calciatori”. In realtà, oggi, non hanno più alcuna diversità. Diversità che comportò la nascita dei ruoli. 

Infatti, se osserviamo bene, che giochi Amrabat o Torreira poco importa, l'importante è interpretare determinati movimenti all'interno di una sezione localizzata del campo di pressione. Movimenti pre-realizzati e imparati a memoria, attraverso esercizi disciplinari.

Allora, perché uno resta in panchina e l'altro gioca? La diversità non vige, ma vige la differenza. Data proprio dall'uguaglianza dei calciatori. Praticamente si compete e: chi ripete esteticamente meglio la movenza richiesta, ottiene la titolarità. Tutto qui.

Il calcio è una disciplina. Dunque, va intesa come tale.

Tornando al match di ieri sera: Italiano ha innovato gli schemi, ma non ha disciplinato i movimenti.

La ricerca di qualunque compagine viene rappresentata dalla “solidità”. Lo dimostra la creazione, da parte di Marton Bukovi, prima del centravanti arretrato nel modulo 3-2-3-2 e poi del libero nel 4-2-4 (modulo riproposto ieri dalla Fiorentina).

Ai viola è mancata.

Difatti, la sezione di Duncan era eccessivamente asimmetrica (sarebbe bastato, essendo il mediano arretrato, spostarlo davanti ai due terzini, Quarta e Igor); Cabral centravanti arretrato, che per cultura calcistica predilige portare palla, mai preso in considerazione dai compagni; Gonzalez, Ikoné e Saponara schiacciati sulla linea dei difensori avversari (la chiave della partita sarebbero stati proprio loro). Nessuno dei tre dinamico, propositivo. Nessuno dei tre che attaccava la profondità, mentre Cabral faceva il contromovimento. Durante lo svolgersi della “manovra” (in realtà della sezione di passaggi) sulle catene laterali, nessuno dei tre che andava incontro alla palla e liberava lo spazio alle sue spalle. Spazio che il fluidificante o la mezzala poteva attaccare.

Insomma, una “ignoranza” (nel senso di “ignorare”) delle soluzioni disegnate da Italiano. Ma questo rappresenta l'effetto del giocare a memoria; rappresenta la diversità tra tecnico e allenatore, tra tattica e schema, tra calciatore e funzionalità.

La manovra non è possedere la palla, ma ricercare la verticalità. Rispettare i tre principi di spazialità, convergenza e agonismo.

La Fiorentina tiene il pallone e, finché l'intensità standard imposta da Italiano si mantiene, il limite dei suoi schemi non emerge. L'anomalia si presenta, quando le prestazioni calano.

Non vi è alcuna conoscenza spaziale nel calciatore. Non vi è alcuna conoscenza in generale.

Cruijff disse: “In avanti il calcio lo si gioca, come lo giocavo io: con la testa”.

Questa frase, osservando qualunque squadra italiana, non viene rispettata. Ma, esempio, dando un'occhiata alla partita, già giocata, Manchester City-Atletico Madrid, potremmo vederla applicata in quelle che, secondo la moltitudine, sarebbero le due fasi: attacco e difesa.

Vedremmo che i calciatori, sia dei Colchoneros che dei Citizens, osservano attorno a loro, comunicano, si muovono. Conoscono, oltre a ripetere movenze e a correre. Conoscono.

Poi, anche in quel match, a livello schematico topico, ma tattico “abbastanza” rivedibile.

Questo non significa che Italiano sia da buttare. Tutt'altro: ci mostra di essere un tecnico e di doverlo valutare come tale. Ci saranno partite in cui la sua funzione risulterà la migliore e partite in cui sarà bloccata o surclassata.

Ieri, riparlandone, non ha assolutamente sbagliato o fatto bene, forse, non ha operato abbastanza sotto il profilo delle ripetizioni ed esercizi disciplinari. Esercizi che avrebbero garantito fluidità e, perciò, una manovra.

Adesso, si spera che continui a lavorare così, verso questa innovazione. Innovazione che, se dovesse funzionare, porterebbe ad un aumento delle soluzioni schematiche a disposizione del tecnico. Soluzioni centrali.

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