Tattica ACF, una componente del principio offensivo
Questa l’analisi di uno schema della fase offensiva usato dalla Fiorentina di Vincenzo Italiano
All’interno di questo articolo prenderò come esempio uno degli schemi usati dalla Fiorentina durante la partita contro l’Inter. Ma sappiate che, con alcune variazioni (vi dedicherò uno scritto a parte), la squadra gigliata adoperi sempre un 3-2-1-4 per costruire dal basso, o, meglio, far “circolare la palla”.
Infatti, una delle componenti del principio offensivo di Vincenzo Italiano è muovere la sfera con passaggi brevi, che la portino nelle due macro-zone laterali, disegnando, se tracciassimo un segmento, una curva, la quale, poi, si andrebbe a completare, attraverso cross, in un vero e proprio arco:
Adesso, dall’immagine sopra svilupperò l’intera trama dell’articolo, rifacendomi a questo schema:
Che porta a questo posizionamento:
I movimenti:
-Il fluidificante o l’ala (n.5) disegna un inserimento basso;
-Il mediano (n.6) un inserimento basso e una parallela verso destra;
-Il mediano (n.7) un inserimento basso e una brevissima parallela verso destra;
-L’ala o fluidificante (n.11) una diagonale interna-bassa verso destra;
-Il trequartista (n.8) un inserimento basso;
-La punta (n.10) una parallela verso sinistra;
-La punta (n.9) una parallela verso sinistra.
E attraverso le movenze appena spiegate, si ottiene, all’incirca, l’MW, o 3-2-2-3, conosciuto come il Sistema Chapman.
Una cosa che ho notato durante il match del Meazza, è stata la scontatezza da parte dei nerazzurri.
Infatti, i due terzini (da non confondere coi fluidificanti) non esasperavano mai le marcature a uomo, esempio, sul n.8 e sul n.11. Il n.5 veniva accompagnato dal fluidificante solo per non farlo girare e, quindi, fargli ricevere palla spalle alla porta. I mediani n.7 e n.6 non venivano aggrediti, ma soltanto seguiti. Il n.3 in possesso palla aveva la possibilità di pensare liberamente. Quasi mai pressato.
Inoltre, l’Inter era talmente sicura, della maniera con la quale la Fiorentina sviluppasse il suo gioco, da lasciare ai gigliati possibilità nitide di imbucata, o, almeno, di costruire all’interno della macrozona centrale (“la via più diretta per far gol”) azioni pericolose.
Qui vorrei riportare un mio appunto: se il ricevitore primario ricevesse palla girato di schiena alla porta, dovrebbe avere nella sua visuale (spalla a spalla) già il ricevitore secondario posto asimmetricamente e faccia alla porta. Solo così si potrà avere la chance del “passaggio chiave”, della ”imbucata”.
Invece, in ogni partita, il calciatore viola riceve palla spalle alla porta. Non solo l’ala o fluidificante che scende (qui sopra n.5), ma anche il mediano. E chi ha il possesso della sfera non verticalizza, rendendo inutili i contromovimenti a staccarsi dalle linee avversarie, esempio, dell’ala e del trequartista.
L’analisi:
L’oggetto di concentrazione delle funzionalità è la traslazione, cioè il punto-punto.
Questa io la chiamo “Struttura”. I componenti della “Struttura” sono polivalenti, nel senso che, se la definizione diventasse stato, ne assumerebbe anche i limiti. Non è propriamente un’instabilità, ma una stabilità caduca.
Infatti, essendo ogni ente una mescolanza, comporta una mutazione, o, diversamente, un movimento interno che si esprime nelle cicliche leggi fisse.
Ovviamente non procederò oltre, in quanto trattiamo di calcio e non di filosofia.
L’oggetto di concentrazione diviene la traslazione (punto-punto) e tutte le energie psico-fisiche vengono impegnate in quello che potremmo chiamare, usando la convenzione, mezzo. Perciò la Fiorentina non conclude.
Inoltre, altra osservazione attraverso cui evidenziare l’appena espresso, è che le funzionalità, sui cross, non arrivano in corsa, garantendo un impatto col pallone forte e proficuo (altrimenti, diverrebbe complesso per un difensore opporsi al viola che volesse colpire, esempio, di testa).
L’intera funzione viene composta al suo interno da “micro-cicli”, sintetizzando la conoscenza ambientale. Conoscenza che ha, come oggetto di concentrazione, la traslazione in sé e dà considerazione esclusiva a questa, elidendo altre componenti.
Conclusione:
Se osservaste bene Vincenzo Italiano, mentre si muove davanti alla sua panchina, notereste che nel suo campo visivo ci sia sempre la zona palla e che le sue correzioni vadano ad influire sull’estetica delle traslazione, sulla memoria.
Questo rappresenta un’alterazione del continuum che, difatto, “altera” la percezione del limite, portando ad un decadimento. Decadimento che, eliminando dalla struttura: riflessione-pensiero-interpretazione, proprio la riflessione, impedisce, di conseguenza, la possibilità di “sfogare la pressione”.
Non permettendo, quindi, la mutazione.
Oltre ciò bisogna sottolineare come le stesse strutture, essendo tali, siano limitate e che la definizione, la forza e lo stato possano variare non solo all’interno di queste, ma, pure, divenire o restare all’interno di altre comunicanti.
“Tutto è giusto nella sua misura”, dissi. E aggiungo: “Noi siamo mescolanza, dunque complessi”. Infatti, concentrarsi, esempio, solo sulla definizione ne è causa di alterazione. E anche soltanto per il palesarsi dell’alterazione dovremmo comprendere che noi stessi siamo strutture.
Ripeto, qui parliamo di calcio e, volutamente, ho evitato di approfondire, ma “lo sport è lo specchio della vita”. Dunque, non posso esimermi da inserire, seppur superficialmente, dei concetti del genere dentro le mie analisi.