L’ex portiere della Fiorentina Sebastian Cejas ha fatto un tuffo nel passato insieme a TMW: “Per adesso si sta in famiglia, si cucina ma ci si tiene anche in forma. Ho una palestra in casa e insieme ai miei figli facciamo un po’ di esercizi. Al tempo stesso continuo ad analizzare il calcio, sudamericano e europeo. Fiorentina? Commisso ha ambizioni e deve portarle avanti. I tifosi viola sono attaccatissimi alla squadra e vogliono vincere. Sento parlare di stadio nuovo, cosa gusta. Ma i fiorentini ripeto vogliono vincere. Pezzella? Sì, ho saputo del coronavirus e che ora sta meglio. Mando anche un in bocca al lupo al mio amico Stefano Dainelli (fisioterapista viola, pure lui era stato colpito dal coronavirus, ndr) Ricordi? E’ stata la piazza che ho sempre sognato e voluto. Ed è una soddisfazione che con la mia famiglia sono riuscito a togliermi. In B è stato un anno duro, la società era nuova ed inesperta. I soldi non mancavano ma a volte il denaro non porta risultati. Abbiamo raggiunto la promozione con Mondonico in panchina e poi dopo quell’anno ci sono stati vari cambi, sono arrivati nuovi allenatori che hanno fatto le loro scelte. Dopo il mio infortunio non sono stato trattato come volevo ma Firenze resta nel mio cuore. Volevo restare per tanti anni e dare il mio contributo. Ma nel calcio serve anche trovare le persone giuste al momento giusto. Stavamo giocando col Perugia la partita di ritorno dello spareggio per tornare in A. vincevano uno a zero ma mancava ancora tanto alla fine della partita. Ecco, nonostante quello i tifosi della Fiesole ci chiedevano già, cantando, di andare in Champions… E’ anche questo il bello di Firenze: a noi argentini, abituati fin da piccoli ad avere pressioni, ci piace questo calore. Roma? Periodo molto bello, sono approdato nel calcio che sognavo, in una squadra piena di campioni. Era una bella società con Sensi presidente, Capello allenatore e poi c’erano Cafu, Balbo, Batistuta, Totti, Cassano, Samuel. Me la sono goduta sei mesi (poi passò al Siena in B ndr). Arrivai in giallorosso a parametro zero. La sqaudra affrontava tre competizioni e c’era bisogno di un terzo portiere. Balbo e Batistuta mi conoscevano e fecero il mio nome a Capello. Come dicevo prima, nel calcio servono anche le persone giuste la momento giusto…”
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