Zlatan Ibrahimovic, attaccante del Milan, si confessa ad Aftonbladet dopo la vittoria del dodicesimo Pallone d'Oro svedese: Il ritorno in Nazionale: "È una cosa che deve venire dal CT. Perché se pensa che io sia una distrazione, allora non mi interessa. Se pensa che io possa contribuire, allora ci penserò. Voglio essere nella Friends Arena, voglio vedere il Muro Giallo pieno quando entro in campo con la maglia gialla. Mi manca? Ovviamente: se a qualcuno non manca tutto ciò, vuol dire che ha chiuso la sua carriera. E io non ho ancora finito". L'esperienza con il COVID-19: "Non è stato grave, solo un paio di settimane. Mi fecero abbandonare l'allenamento, feci un sacco di domande. Mi hanno rifatto il test tre volte per essere sicuri, così sono rimasto a casa. Dopo tre giorni avevo mal di testa, ma non ho capito se era dovuto all'essere intrappolato, ripetevo le stesse cose tutto il tempo. Poi ho iniziato ad avere mal di schiena quando dormivo: mi svegliavo alle tre del mattino, dovevo prendere delle pillole: sono contrario ma dopo dieci minuti i dolori erano scomparsi. Al quinto giorno non sentivo più i sapori, né del cibo, né del caffè. Ho cominciato ad allenarmi solo dopo una settimana: prima non ci riuscivo, nonostante avessi un piano per allenarmi in casa come chiunque risulti positivo. Mi stancavo subito, ma era voluto perché volevo far funzionare il cuore e aumentare il battito cardiaco. Non ho avuto altri sintomi. Ora ho riavuto il gusto ma l'olfatto non è ancora al 100%. È una seccatura ma potrebbe essere anche un raffreddore. Cosa fare? Dobbiamo continuare a vivere, sapendo che il coronavirus fa parte delle nostre vite, come l'influenza". Il presente: "Mi sento vivo, so che posso giocare e fare quello di cui sono capace. Poi i risultati parlano da soli ed è un onore vincere di nuovo questo premio, ma senza il duro lavoro non si ottiene nulla. Alla mia età poi serve mentalità, oltre al talento. Ma è tutto nella testa: se vuoi, puoi. Mi sento bene, divento migliore e più completo ogni giorno che passa. Sono diverso da quello che ero dieci e cinque anni fa, penso di avere l'intelligenza di adattare il corpo a quello che posso fare ora. La gente dice che non corro molto, ma io scelgo il miglior modo per correre e aiutare la squadra. Merito anche dell'allenatore: mi mette a uomo in difesa e mi lascia libero davanti, così capisco come posso essere più utile. Se potessi correre 90 minuti senza sosta lo farei, ma non posso. Sono onesto con me stesso, ho bisogno di più tempo per recuperare dopo uno scatto, ma scelgo quando farlo e decido io quando devo sacrificarmi. Devo adattarmi ed essere più intelligente". L'importanza del lavoro: "Quello che ripeto tutto il tempo è che mi alleno molto duramente. Mi preparo molto, molto bene. Nel mio programma atletico sono molto professionale. Dedico tutto il tempo possibile alla forma fisica ed è merito soprattutto della mia testa. Poi ho riposto un'altissima pressione su me stesso: la mia squadra è una delle più giovani d'Europa e non voglio essere paragonato a chi ha quell'età, ma nemmeno avere vantaggi perché sono più vecchio". L'infortunio con il Napoli: "Non è niente di grave, tornerò tra una o due settimane". Il ritiro sfiorato un anno fa: "Volevo aprire un nuovo capitolo della mia vita. Stare con la famiglia ogni giorno, seguire i miei figli. Poi Mino Raiola mi ha detto 'Devi chiudere in Europa! Devi dimostrare di essere ancora a un livello alto, puoi farlo! Fai solo sei mesi a Milano, dopodiché puoi smettere. È troppo facile smettere negli Stati Uniti'". Vicino al Bologna, ma il Milan aveva più bisogno: "Mihajlović si era ammalato. Parlammo e mi chiese di andare a Bologna e gli risposi che lo avrei fatto gratis. Poi gli dissi: 'Sarò onesto: non vedrai lo stesso Zlatan di dieci anni fa, quello che eri abituato a vedere quando giocavo in Italia. Sono completamente diverso. Poi però vidi il Milan perdere a Bergamo, una sconfitta vergognosa. Abbiamo cominciato a sentirci e ho iniziato ad avvertire l'adrenalina. Per affrontare le giornate al meglio devi far pompare l'adrenalina, devi sentirti motivato. Devi porti un obiettivo e nel mio caso non è un contratto. Mi sono chiesto dove sarei stato più utile, la risposta di Mino è stata 'al Milan. Solo tu puoi far tornare il Milan quello di tanti anni fa'. Nella mia testa avevo una visione: era una situazione difficile ma non impossibile, una sfida sicuramente complicata. Dicevano che avevo 39 anni e che tutti quelli che erano tornati in rossonero avevano fallito. Io risposi che ce l'avrei fatta perché non ho mai perso la mia passione. I primi sei mesi sono stati difficili: non sapevamo se sarebbe rimasto l'allenatore, non sapevo se sarei rimasto io. Il club voleva cambiare filosofia e linee guida, la squadra era stata condannata prima di avere la possibilità di continuare a ottenere i risultati. Ma è così che abbiamo cominciato la scalata e oggi siamo più forti".
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