Filippo Luti ha il merito di aver scritto un libro su Antognoni che indaga gli anni meno conosciuti della sua vita. Gli albori alla Juventina e il distacco dalla terra natia per andare, insieme all'amico Moreno, ad Asti. Un lavoro meticoloso di raccolta fonti coeve come dimostrano le copiose note che arricchiscono il testo. Queste le sue riflessioni a FiorentinaUno. Il rapporto tra lo Stadio e il Campo di Marte è molto forte. La tua casa era una delle poche da cui si vedeva il terreno di gioco. Dopo i lavori per Italia '90 si vede molto meno anche da lì. Quali sono i tuoi ricordi? "Da lì di partite ne ho viste tante. Sono andato via all'età di sei anni ma poi ho continuato a vederle anche dopo. Su quel tetto c'erano sempre almeno ottanta persone per assistere alle partite. Per me che sono nato al Campo di Marte vedere lo stadio gremito, i fumogeni era un'emozione. Oggi è tutto più controllato, militarizzato. Un episodio curioso di allora? I tifosi del Napoli vennero in trasferta portandosi dietro un asino, ciuccio, il simbolo del Napoli". Un Franchi senza Fiorentina non sarebbe più lo stesso. "Senza dubbio vederlo vuoto mi farebbe effetto. Il Franchi è bello, ha un'architettura sobria. C’è però da dire che mancano i collegamenti e i servizi nella zona per far vivere al meglio lo stadio. Non credo però che uno stadio di proprietà porti tanti introiti come si dice". Una ricerca storica del genere richiede uno sforzo importante. È stato difficile reperire le informazioni? "Parlare di Antognoni e dire qualcosa di nuovo è difficile. Volevo ricostruire un pezzo mancante della storia del calciatore. Questo si poteva fare solo con un rigoroso metodo accademico. Per capire gli anni ad Asti, quando era appena quindicenne, ho ricercato nei periodici locali: è il caso di La Nuova Provincia e Asti Sabato (ora chiuso). Ho parlato con alcuni ex giocatori, compagni di squadra di Antognoni. Moreno Bottausci, suo compagno all’Asti [Moreno ha parlato a FiorentinaUno], Prunecchi e Bertuzzo per citarne alcuni. Tutte queste testimonianze avevano un unico comune denominatore: l’affetto per Antognoni. Per tutti era un ragazzo di poche parole, serio. Ho parlato anche con il figlio del suo allenatore ad Asti, Tosetti. Tosetti e sua moglie furono come una famiglia per lui e Moreno che erano lontano da casa. Allora la distanza si sentiva, non era facile comunicare come oggi". La rete più bella di Antognoni? "Era il 1982 e la Fiorentina era testa a testa con la Juventus per lo Scudetto. Fiorentina impegnata contro il Napoli, partita inchiodata sullo 0-0. Era già oltre il novantesimo minuto, un contropiede fulmineo della Fiorentina e Antognoni segna con un pallonetto. Proprio alla Juve uno dei suoi goal più famosi: quello di testa. Ricordo anche la sua delusione per il goal annullato contro il Brasile in semifinale. Ricordo benissimo le sue partite in Nazionale perché allora era raro vedere le partite in televisione mentre si vedeva sempre la Nazionale. Le partite degli Azzurri erano un rito collettivo". Non è il primo libro di storia del calcio al quale collabori. "Ho collaborato come coautore ad un libro sulla genesi della Fiorentina sempre ricercando con fonti coeve. In quel libro abbiamo raccolto almeno cento foto della Fiorentina di allora. Non tutti lo sanno ma creare la Fiorentina non fu affatto semplice. Più che per la volontà di Ridolfi, fu il Comune di Firenze spingere per la fusione tra le sezioni calcistiche di due polisportive fino ad allora accese rivali. La Libertas e il Club Sportivo. Fu il Regime a volere la fusione delle società sportive per motivi di ordine pubblico. In quegli stessi anni nascono anche la Roma, la Lazio, il Bari. Quando però i giocatori della neonata Fiorentina entrarono in campo per la prima volta, con la maglia bianca e rossa e il giglio ci fu un grande applauso. Prevalse l'amore per Firenze. Queste ricerche storiche sono importanti perché permettono di far luce sui fatti e permettono la circolazione delle informazioni". Un altro libro in cantiere? "Sto lavorando ad un libro sui tifosi. Sul tifo nel decennio 1926 – 1936. Allora il tifo era tutt’altro che calmo ed era molto organizzato. Si facevano già allora le trasferte. È la dimostrazione che il tifo organizzato esiste da ben prima degli anni 60’”. Articolo di Lorenzo Somigli.
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