Il calcio non può più aspettare
Nella serata di oggi con un provvedimento del presidente Gabriele Gravina, la FIGC ha disposto la sospensione fino al 14 giugno di tutte le competizioni calcistiche organizzate sotto l’egida federale e questo è avvenuto dopo che nella serata di ieri il Comitato tecnico scientifico aveva deciso di non validare le linee guida per gli sport di squadra del 12 maggio, rinviando così di fatto a data da destinarsi la ripresa degli allenamenti di gruppo prevista per la giornata di oggi.
Quanto successo negli ultimi due giorni non è altro che lo specchio del nostro sistema calcio e più in generale del sistema governativo italiano incapace di programmare con certezza e di rispettare tabelle di marcia ben precise. Non è neanche bello stare sempre a sottolineare la bravura degli altri paesi, ma per quanto riguarda l’aspetto relativo alla ripresa del campionato la Bundesliga ha dimostrato con la ripartenza dello scorso weekend di essere avanti, e anche di parecchio, sia per organizzazione che per efficienza della programmazione. Il calcio non può non ripartire e questo lo dico non soltanto da appassionato di questo bellissimo sport, ma anche da persona cosciente che il mondo del pallone non è solo in grado di regalare emozioni uniche, ma è anche i grado di dare lavoro a tante persone comuni che in questo momento si trovano a casa in attesa di comunicazioni su una possibile ripresa senza percepire alcun tipo di stipendio ormai da mesi.
Un’altra cosa che non riesco a spiegarmi è la continua tendenza da parte di molte persone, spesso addirittura addetti ai lavori stessi, a sottolineare come il calcio senza pubblico sia uno sport privo di emozioni e per nulla equiparabile a ciò che di norma siamo abituati a vedere. Frasi come “questo non è calcio” o “sembra un allenamento” sono diventate per quanto mi riguarda oltre che ripetitive anche fuori luogo. È vero, non ci sono i tifosi allo stadio e non c’è quel meraviglioso trambusto che rende una partita di calcio ancora più speciale, ma c’è e ci sarà sempre la passione di chi indirettamente guarda la partita dal televisore di casa, perché appassionato di questo gioco, così come proverà sempre emozioni chi scenderà nel rettangolo verde per darsi battaglia e tentare di prevalere sull’avversario.
Quando siamo bambini e ci troviamo o nel parchetto vicino casa o per strada e facciamo rotolare la palla per passare una/due ore ma alle volte anche intere giornate di puro divertimento il pubblico non c’è, ma le emozioni rimangono, perché quelle le trasmette e le trasmetterà sempre soltanto una cosa, il pallone e la passione di chi passa una vita a correrci dietro. La speranza è che anche in Italia si possa tornare il prima possibile ad assistere ad una partita di calcio per provare a ridare un senso di normalità ad un paese che ha vissuto uno dei periodi più bui della sua storia recente.
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