Stefano Cecchi, giornalista de La Nazione, ha commentato, sulle pagine dello stesso giornale, la stagione di Dodò.

Queste le sue parole sul giocatore brasiliano:

“Magari potremmo ripartire dalla felicità. Nel caso, credo non ne esista una più contagiosa e colorata di quella che in ogni attimo sembra sprigionare Domilson Cordeiro dos Santos, che tutti per comodità chiamiamo Dodo. Sì, la felicità spesso è un meraviglioso correttore di destini e fortune, un propellente immateriale che rende migliori le cose della vita e dunque anche del calcio. Dicono si insinui attraverso porte che non sapevamo di aver lasciato aperte e in fondo con Dodo è andata proprio così. Nel gennaio scorso, quando, dopo una serie di prestazioni negative, all’Olimpico in soli 24 minuti di gara rimediò due cartellini gialli che costarono a lui l’espulsione e alla Fiorentina la sconfitta con la Roma, in tanti pensammo che la porta della sua speranza si fosse chiusa per sempre. Che di quel giocatore accolto a Moena come un potenziale campione, fosse rimasta solo un’ipotesi incompiuta. Brace a coprire un inesistente fuoco. Invece lui, con una pazienza e una disciplina che non pensavamo appartenergli, ha fatto sì che quella porta non si chiudesse, fino a mostrare le doti che erano il suo marchio di fabbrica. Ovvero un terzino-locomotiva destinato a travolgere le difese. Certo, il suo non è un calcio complesso e lui non è un giocatore complicato. Uno di quelli dei quali si dice «svolge un lavoro oscuro». Macché: lui il suo lo compie sempre alla luce del sole, non ha zone d’ombra. Ma in fondo dicono che la felicità sia come gli orologi: i meno complicati sono quelli che si guastano meno.”

 

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