È un periodo drammatico, quello che sta affliggendo l’Italia in questo periodo. È ancora più tremendo sapere che oltre alle perdite dovute all’emergenza coronavirus, alcune persone vengono a mancare comunque. Che c’è di strano? È normale. Ma dal punto di vista psicologico, vedere personaggi del mondo sportivo come Alessandro Rialti, andatosene una settimana fa, o Franco Lauro, scomparso ieri, che se ne vanno a distanza di una settimana, fa male. Lo scossone mentale è causato non tanto dall’addio delle persone in sé, che sappiamo, può accadere a tutti da un momento all’altro, quanto dal fatto che queste se ne vanno rimanendo dei punti fermi nel settore in cui lavoravano, dei riferimenti per i rispettivi ambienti di lavoro, dei leader. Si pensi a un lettore medio di un giornale cartaceo abituato a leggere gli articoli pungenti di Rialti, o a un telespettatore che durante l’intervallo di una partita di Coppa Italia sente la voce puntuale di Lauro intervistare alcuni opinionisti in studio. Ci si affeziona alle voci e alle parole, così come alle persone e agli animali domestici. Questi diventano attori protagonisti nella scena della nostra vita quotidiana e non appena, per motivi naturali, vengono a mancare, sentiamo un senso di vuoto. Ci accorgiamo che una parte della nostra tradizione se ne va e che questa non tornerà più. È il momento in cui si capisce che il presente si è trasformato in passato. Tutto ciò, probabilmente, è passato per la testa di tanti appassionati di sport quest’oggi. Non ci resta che dedicare un pensiero a tutti coloro che in questo momento soffrono, a questa Italia inginocchiata che deve rialzarsi, nel ricordo di chi, per un motivo o per un altro, non ce l’ha fatta. 
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