C'era una volta il calcio. Quello romantico. Quello con meno soldi e interessi, ma fatto di pura passione. Quello che nel corso degli anni ha spesso perso per strada ideali e passione. Oggi quel calcio ha perso un altro pezzo da novanta. Basta guardare quanti si sono uniti al commiato per la scomparsa di Gigi Simoni per capire l'allenatore, e soprattutto l'uomo. Non sono certo i trofei - una Coppa Italia da giocatore e la Coppa Uefa con l'Inter da allenatore sono le punte di diamante di un bacheca che avrebbe probabilmente meritato molto di più. Non è neanche l'essere entrato a far parte di pagine indimenticabili del calcio italiano. Più delle vittorie o delle sconfitte, più del campo, sentendo le parole di chi Simoni lo ha conosciuto e che in queste ore hanno voluto ricordarlo resta la compostezza e l'eleganza di un uomo perbene. Mai eccessivo, educato e umile anche nei momenti di rabbia e nelle proteste e polemiche che, anche a suoi tempi, facevano parte del mondo chiamato calcio. Simoni quel suo calcio fatto di ideali lo ha visto cambiare e trasformarsi. Partendo da quando a 15 anni iniziò la sua carriera nelle giovanili della Fiorentina (una maglia che per lui non sarà mai come le altre), per arrivare all'ultima esperienza da dirigente alla Cremonese. Senza però venirne risucchiato. Un gentiluomo sino alla fine. E' un po' ironico che proprio nel momento in cui l'emergenza sanitaria ha messo a nudo gli interessi e le contraddizioni che muovono il mondo del calcio odierno, se ne vada un uomo d'altri tempi come Simoni. Quasi a volere sottolineare ancora una volta che quel calcio non c'è più. O forse chissà, proprio a voler ricordare che cosa sia veramente il calcio. Unione. Sportività. Ideali. Di fronte a questi, non esistono colori e bandiere.  
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