“Oh mamma, mamma, mamma… Oh mamma, mamma, mamma… Sai… Perché… Mi batte il corazòn… Ho visto Maiellaro…”
Nessuna storpiatura od errore di battitura. Il celeberrimo coro dedicato all’argentino Diego Armando Maradona (scomparso di recente) lo si poteva ascoltare anche allo stadio “San Nicola” di Bari verso la fine degli anni ’80: con protagonista una vecchia conoscenza viola. Ed oggi, con la voce rotta dall’emozione, l’ex calciatore gigliato Pietro Maiellaro ricorda quei momenti e ce li racconta in esclusiva a fiorentinauno.com. A quel tempo, dopo l’esperienza barese, la mezz’ala offensiva s’era trasferita alla Fiorentina. Classe ’63 e dotato di ottima tecnica, in riva all’Arno vi ha giocato solo per una stagione. In quello che, all’epoca, era ancora conosciuto come lo stadio “Comunale” di Firenze: nella stagione 1991/1992. Era riuscito a collezionarvi 27 presenze e 4 gol, bottino per nulla indifferente, considerata l’epoca. Davanti a lui in quella stagione troviamo solo Marco Branca (con 5 gol) ed un certo Gabriel Omar Batistuta (con 14 gol). Quest’ultimo era il suo “pupillo”. Oggi, invece, Maiellaro (57 anni) è ritornato al suo paese natìo, Lucera (FG), ma non ha affatto abbandonato il calcio. Tutt’ora, infatti, è nello staff dirigenziale dell’US Lucera Calcio: squadra biancoceleste militante in Promozione. Davvero ti avevano dedicato quel coro ai tempi del Bari? “Me lo avevano già dedicato dai tempi del Taranto, veramente. Sono sensazioni molto particolari, perché questo tipo di cose siamo abituati a vederlo solo in TV o sentirlo magari alla radio. Quando poi le provi sulla tua pelle, i cori ed il calore dei tifosi, diventa una cosa parecchio emozionante. Anche perché non le provavi solo allo stadio, diciamo, ma anche durante le altre manifestazioni, quando ti incontravano per strada te li dedicavano. Ti senti più partecipe, più del gruppo e parte integrante del popolo. Ed in quel momento lì sai di difendere quei colori in maniera diversa: quelli biancorossi del Bari.” A Firenze hai provato lo stesso tipo di sensazione quando andasti alla Fiorentina? “Diciamo di sì, anche se, purtroppo, a Firenze sono accadute un paio di vicissitudini un po’ particolari, strane. Agli inizi soprattutto. Perché io avevo concordato inizialmente un contratto con una società, quella dei dirigenti Roggi, Valcareggi. Poi subito dopo cambiarono ed arrivò un’altra: quella di Cecchi Gori. Non con lui direttamente, ma con i nuovi assetti societari diciamo che non mi sono trovato benissimo.” Per questo motivo hai trascorso solo una stagione in maglia viola? “Sì, diciamo di sì. Ma alla fine, nonostante tutto, mi sono preso le mie soddisfazioni, ecco. Per esempio, quella dell’allenatore - Luigi Radice, ndr - che mi disse a fine stagione di restare a Firenze perché apprezzava molto il lato umano e caratteriale che mi contraddistingueva all’epoca nel gruppo. Poi feci anche un incidente che mi fece saltare un mese e mezzo di partite... Insomma, nel bene e nel male l’esperienza a Firenze fu positiva da un lato, ma precaria dall’altro." Tra l’altro quell’anno ci fu quel cambio in panchina…  “All’inizio mi fece arrancare un po’, non te lo nascondo, quando arrivò Radice. Dovetti conquistarmi nuovamente la fiducia dell’allenatore: quella che m’ero già guadagnato con Lazaroni prima. Ci misi un po’ ma alla fine ce l’avevo fatta. Perdendo, tuttavia, molto tempo a disposizione. Avrei potuto giocare molte più partite, ma una cosa è certa: di quelle che ho fatto - 27 presenze, ndr - forse una sola sarà andata male. Per il resto sono state tutte positive.” Confrontando le video-sintesi di quei match, la maggior parte dei cronisti ti votava come “il migliore in campo”. Nemmeno questo ti ha fatto pensare di rinnovare il contratto e rimanere a Firenze? “Ma sì, le so queste cose. Il problema è che all’epoca avevo un determinato estro sia dentro che fuori dal campo. Un istinto particolare che mi ha portato a prendere determinate scelte. Con Radice, pace all’anima sua, l’ultimo giorno a Firenze facemmo un giro di campo in corsetta lenta e parlammo un po’: fu in quel momento che mi chiese di rimanere a Firenze. Ma non volli sentire ragioni. Ad oggi penso che se all’epoca avessi avuto quel poco in più di esperienza da parte, forse avrei fatto la scelta giusta e sarei rimasto. Anche perché negli anni successivi la Fiorentina costruì un vero e proprio squadrone. Che lottava per qualificarsi in Champions League. Ecco, questo è un po’ un rimpianto, ma le soddisfazioni che mi sono tolto restano intatte.” L’esonero di Lazaroni per Radice in quell’anno mi ricorda un po’ quello successo quest’anno con Iachini e Prandelli. Cosa ne pensi a riguardo? “Lo spogliatoio all’epoca con Lazaroni non era tanto per la quale, secondo me. C’erano alcuni che gli remavano chiaramente contro, sfogandosi con i giornalisti locali, ecc. Non gli hanno dato a Lazaroni il tempo giusto per poter lavorare e costruire qualcosa, secondo me. In una piazza come Firenze è facile che possa accadere qualcosa del genere con gli allenatori. Ora non so se nello spogliatoio attuale ci siano gli stessi soggetti che davanti al mister non parlano ma che si sfogano con la stampa, però è facile che si possano influenzare le società a prendere determinati tipi di decisioni. È arrivato il momento che certi elementi si prendano le proprie responsabilità. Non dico Ribery, che è da soli due anni lì, per quanto possa essere esperto e campione. Ma già gli altri elementi che sono in rosa da 3-4 anni devono iniziare a prendersi le proprie responsabilità e non nascondersi sempre dietro la figura dell’allenatore. E poi bisogna dare il giusto spazio ai giovani, non puoi tapparli. Come Pedro per esempio.” Dici Pedro Guilherme? Cosa ne pensi a riguardo? “Certo. I giocatori giovani, specialmente quelli importanti, bisogna aiutarli e condurli per la retta via. Non è che ti devi subito aspettare che ti risolvano le partite. Pedro l’hanno tartassato secondo me. Lo seguo da parecchi anni come giocatore e so bene da tempo le qualità che ha. E che ora sta dimostrando al Flamengo.” Uno come Prandelli come credi si sarebbe comportato con lui? “Certamente bene. Prandelli e la sua esperienza non si discutono e avrebbe tirato fuori da Pedro il massimo, ne sono certo. Non come quell’altro “fenomeno” di Montella - ride - nonostante sia stato un centravanti. Non aveva capito nulla proprio. Un peccato che Pedro non sia più alla Fiorentina” E di Iachini invece? Ho visto che ci avevi anche giocato insieme nel ’91 a Firenze… “Sì sì, con Beppe ci ho giocato sia alla Fiorentina che a Palermo” E con lui anche Stefano Pioli. Diciamo che in quella squadra c’erano parecchi elementi che poi si sono fatti conoscere come allenatori dopo, anche tu, seppur in leghe minori. Di Pioli, invece, cosa ne pensi? “Stefano lo conosco bene, ci sentiamo anche spesso. Oltre ad essere stato un bravo giocatore, era un bravissimo ragazzo. Con lui avevo un ottimo rapporto. Un ragazzo molto positivo e sono contento che tutt’ora si stia prendendo tutte queste soddisfazioni, con il Milan anche. Perché è un ottimo allenatore ed è competente, soprattutto. E lo ha dimostrato, anche a Firenze” Prandelli bis. Ottima scelta o minestra riscaldata? “Guarda, a me il concetto delle minestre riscaldate ha sempre dato fastidio. Perché se uno è competente, lo è sempre a prescindere. E poi la minestra riscaldata, se proprio vogliamo, il giorno dopo è più buona del giorno prima. Perciò non vedo perché Prandelli non possa fare bene. Poi è chiaro che c’è da considerare un altro aspetto: quello della fortuna. Puoi essere anche il migliore allenatore del mondo, ma se non sei fortunato il minimo non vai da nessuna parte. E spero che Prandelli lo sia, ne gioverebbe la Fiorentina. Deve fare risultato e deve farlo subito, altrimenti i problemi, poi, si ingrosseranno sempre di più. E già con l’Udinese è arrivata la vittoria: speriamo porti bene.” Alla Fiorentina hai indossato parecchie volte la 10 dietro la maglia. Qual è la sensazione di portare questo numero indosso? Castrovilli si dimostrerà degno a tuo parere? “E beh, a Firenze poi. Lì c’è il mito di Antognoni, di Baggio. Insomma, non è una cosa semplice portare quel numero dietro le spalle ed ora posso dirti che io, all’epoca, ho avuto <<le palle>> di indossarla: non ho avuto la minima paura, anzi. Già normalmente nella mia vita non ho paura di nulla, perché so di avere la coscienza pulita. Figurati nel calcio. Anzi, per me era un onore indossare quella maglia che era stata di Antognoni o di Baggio. Adesso Castrovilli… I presupposti sembra che ci siano tutti, dovrebbe indossarla senza alcun tipo di ansia. È ancora parecchio giovane ed ha un ruolo diverso rispetto al classico “dieci”, ecco. Però può dimostrare, comunque, di potersela meritare appieno. So che a Firenze si dice spesso che sono anni che non ci sia un vero e proprio numero “dieci” alla Fiorentina, col tempo penso possano ricredersi con Castrovilli: mi ricorda parecchio Antognoni, seppur con ruoli e caratteristiche diverse, ma il carisma è quello” Diego Armando Maradona. Il tuo pensiero? Quando hai saputo della sua morte? Ci hai anche giocato contro… “E vabbè, lì le parole non basterebbero mai. Lì parliamo di un mito assoluto, di un’icona del calcio, uno stratega, un mago, una persona geniale. Tutto concentrato in un omuncolo di un metro e sessantasei: c’era tutto. Io avevo anche una buona confidenza con lui, pace all’anima sua. A vederlo non mi tremavano le gambe, anzi. Era a chi doveva marcarlo che tremavano, giustamente. Ma io non lo marcavo, dovevo pensare alla fase offensiva. Io lo ammiravo e basta. Il fatto stesso che mi chiamavano, a suo tempo, il “Maradona di Bari” mi dava quel qualcosa in più, ti spinge forte. Per quel che vale, è stato un onore essere lontanamente accostato a lui: ma il genio di Diego è unico, non si discute assolutamente.” Hai cominciato la tua carriera da un ambiente difficile e piccolo calcisticamente parlando, come quello di Lucera. Come è stata la scalata? “Io lo dico sempre che sono stato fortunato nella vita da questo punto di vista. Ai miei miei tempi al Lucera Calcio la realtà calcistica era florida, c’era stata la promozione in Serie D, l’amichevole con l’Avellino e poi il mio approdo dagli irpini. E da lì poi è cominciato tutto. Ecco, sono stato fortunato perché da una realtà difficile, come quella che io ho vissuto, ho cambiato radicalmente la mia vita: sarò eternamente grato a quel pallone. Ed a Lucera sarò sempre grato, adesso ricopro anche un piccolo ruolo dirigenziale nella squadra cittadina e sarò disponibilissimo, nel mio piccolo, di dare un aiuto: specialmente nella coltivazione dei giovani. Se non avessi avuto quella fortuna, ora non saprei davvero che fine avrei fatto” Il tuo esordio con la Fiorentina fu contro la Juventus. Quali sensazioni hai provato quel giorno, data la storica rivalità delle due squadre? “Quel giorno ci fu anche l’esordio di Batistuta, se non ricordo male. La sensazione ovviamente è di quelle che difficilmente puoi dimenticartene. Anche se non segnò Gabriel in quell’occasione. Arrivò la giornata successiva contro il Genoa il suo primo gol in maglia viola: insieme al mio. Posso dire di condividere il mio primo gol a Firenze con quello di Batistuta.” E quello contro il Milan? Quel pallonetto ai rossoneri te lo ricordi? Solo Van Basten ti negò la gioia del gol vittoria… “Tra l’altro quello di Van Basten fu un rigore regalato: diciamolo. Ma comunque sì, ho bei ricordi di quei momenti. Poi sono stato fortunato perché sono capitato in un periodo in cui la Serie A ribolliva di questo tipo di campioni, come Van Basten, lo stesso Batistuta, Maradona. Erano tutti carismatici e forti. Adesso non arrivano più stranieri così forti. Per non parlare di Roberto Baggio…” Peccato che Baggio andò via dalla Fiorentina l’anno che tu arrivasti. Ma com’è stato averci giocato contro? “Me lo ricordo benissimo quel momento. Era il mio esordio in Serie A con la maglia del Bari: proprio contro la Fiorentina. Eravamo in vantaggio grazie ad un mio gol, pensa tu. Ma, ahimè, fu proprio Roberto Baggio a pareggiarla. Tra l’altro con un gol non tanto bello, come suo solito. Era su calcio di punizione, Baggio aveva palesemente crossato dentro l’area di rigore. Nella concitazione del momento nessuno prese la palla ed entrò in porta: un gol molto fortunato, devo dire. Ma quanto era forte lui di certo non ve lo vengo a dire io.” Secondo te uno come Roberto Baggio lo rivedremo mai più alla Fiorentina oppure è un livello irraggiungibile? “Allora, ognuno ha le sue caratteristiche. Magari ci sarà qualche giocatore che crescerà ed esploderà bene regalando alla Fiorentina gol e assist: ma non con le stesse caratteristiche di Baggio. Le sue sono uniche e difficilmente ripetibili.” Montiel per esempio? Hai visto come ha risolto in Coppa Italia contro l’Udinese? “Ma certo che l’ho visto, però te lo ribadisco. È difficile ripetere le gesta di Baggio. È anche vero, tuttavia, che se li coltivi per bene i giovani e con costanza, possono anche superare quel livello lì e Montiel, se accompagnato a dovere, può arrivare certamente ad alti livelli, a mio modesto parere.” Potendo fare un paragone tra Rocco Commisso e Cecchi Gori? Cosa ne pensi del patron italo-americano? “Cecchi Gori è un uomo con la “U” maiuscola. Conservo un grande ricordo di lui, di Mario. Per quanto riguarda Commisso, secondo me l’uomo che si è fatto da solo, come lui, venuto dal nulla ha  <<due palle grosse>>. È un imprenditore e farà del suo meglio: sa quando tirare fuori i soldi, e lo sta facendo, e sa quando non tirarli fuori. Bisogna dargli il giusto tempo.” Potendo ritornare indietro cambieresti qualcosa di quello fatto a Firenze?   “Il rimpianto è quello di non essere rimasto a Firenze: c’è e ci sarà sempre. Dovevo rimanere. È anche vero che ho preso altre scelte e mi sono tolto parecchie soddisfazioni in generale. Però, ecco, se potessi tornare indietro non lascerei Firenze così subito. Posso dire, tuttavia, di avere contribuito in larghissima parte alla crescita di Batistuta e se glielo andate a chiedere lui confermerà senza ombra di dubbio. Io e Beppe Iachini, soprattutto. Avevamo messo Gabriel sotto la nostra ala protettrice, visto il clamore mediatico che suscitava, giustamente, all’epoca. Posso dire che se ha fatto quello che ha fatto, a Firenze e non solo, è anche grazie al mio contributo: si sentiva protetto da me e Iachini. Era arrivato da un altro continente, non conosceva nessuno ma era un bravo ragazzo. E sono contento di averci costruito sin da subito un bel rapporto: è un ragazzo d’oro ed un fenomeno eccezionale.”  
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