“A causa dell’ingresso di grandi sponsor sulla scena del calcio, sembra che il denaro abbia spostato i pali delle porte” – Enzo Bearzot Esisteva l’allenatore giramondo. Un esempio è Tomislav Ivic. Il croato, prima jugoslavo, ha influenzato il calcio europeo contemporaneo: fisicità, prestanza atletica e forte senso del sistema di gioco. Ma oggi esiste anche il calciatore giramondo.

L’ignoranza è uno stato, non una condizione. Non passa, resta

Il calciatore giramondo si sviluppò con l’avvento del calcio nei ceti più bassi. Il problema non è il denaro stesso, ma la concezione che si ha di questa “unità di misura”, termine espresso dal noto economista e filosofo Karl Marx. Unità di misura di tutte le cose, perché anche il solo palesarsi d’un pensiero, proviene dalla miscela di cui siamo composti. In quanto nulla legato a noi, può staccarsi da noi. A parte la filosofia “barata”, come direbbe Bielsa, l’idea dello spettacolo è da sempre insita negli uomini di potere. In qualche modo devono “oziare”. E nulla cambia. I ceti esistono e non possiamo scambiare il nostro con un altro. In India hanno ragione sotto questo punto di vista. Il problema, pure qui, è che noi europei non ce ne rendiamo conto. L’idea del calciatore come professione non è europea. Gli Aztechi furono i primi a concepirla, ovviamente nel loro gioco della palla e non nel calcio. Anche in questo caso: solo i nobili potevano intraprendere una carriera del genere. Essere mercanti porta ad imbattersi in culture differenti. L’idea dell’europeo è sempre stata: inglobare e spacciare come di sua proprietà. Ne è un esempio la facilità con cui 12 club hanno trovato una scusa per creare la Super Lega. Quindi, la nobiltà europea continua a contraddistinguersi con l’avidità e i vizi.

Il Calciomercato

Il fantomatico calciomercato è in realtà il mercato delle prestazioni del proprio corpo, ma non a farlo esprimere con la palla. In realtà è un marchio quello che si acquista. Un puro oggetto economico. Il calciatore ci arriva, diciamo, con le proprie capacità. Ci arriva e basta ad essere professionista. Rimanerci è un altro lavoro. Ci sono trattative in corso? Vlahovic, Milenkovic. Giocatori in scadenza hanno giocato? Eysseric, Caceres, Ribery. Ad un certo punto, se le doti del calciatore hanno valore, si palesa la figura del procuratore. Colui che gestisce l’immagine e, per ciò, l’oggetto stesso del mercato. Colui che garantisce il denaro e il posto. Una sorta di Agenzia del Lavoro. Ecco, questo mestiere è spostare da un luogo ad un altro una “cosa”. Una cosa che porta applausi e blasone. Soprattutto, porta nomea e, in certi casi, boom mediatico. Veder giocare, durante l’ultima partita a Crotone, dei giocatori in scadenza di contratto, o che hanno nome, ma non hanno detto la loro alla Fiorentina, è nella norma. Sono accordi di acquisto e vendita. Il giocatore fa una sorta di passerella espositiva. Cessioni inattese e prolungamenti contrattuali che slittano lo sono altrettanto. Perché 21 gol sono abbastanza per far attrarre l’attenzione e chiedere, grazie alla giovane età che rende promettente, delle vetrine più lussuose. Dunque, come ogni altro bene di consumo, poiché il calciatore invecchia, si usura, i veloci cambiamenti di casacca sono un effetto di questa idea ormai entrata nell’uso comune. In futuro forse vedremo anche dei calciatori usa e getta.
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