Medianaccio d’altri tempi. In due anni e mezzo ha collezionato 63 presenze con la maglia viola. Quel maledetto infortunio al crociato: senza, forse, quest’oggi staremmo parlando di tutt’altra storia. Al telefono la voce è chiara e risoluta. Ed è, senza ombra di dubbio, quella che qualunque calciatore desidera ascoltare dal proprio allenatore. E, forse, proprio per questo motivo l’ex centrocampista viola Michele Pazienza (38 anni compiuti ad agosto) ha scelto la strada più tortuosa nel mondo del calcio: quella manageriale. Un nuovo tassello da battere, un neo-capitolo della storia d’amore tra il vecchio numero 8 gigliato e quel maledetto pallone. Originario di San Severo (FG), Pazienza quest’oggi ha scelto di non allontanarsi troppo dalla terra natìa. Infatti, l’ex centrocampista attualmente è alla guida dell’Audace Cerignola. La squadra pugliese milita in Serie D, con tutti i problemi derivanti dal COVID-19. Ma i ragazzi di Pazienza continuano ad allenarsi e, con il duro lavoro, sperano di raggiungere traguardi importanti con il tecnico. Questo sarà possibile grazie a quel bagaglio d’esperienza che mister Pazienza si ritrova a disposizione. Derivante, oltre che dal passato in maglia viola, anche dalle sue ultime esperienze con Napoli, Juventus, Udinese e Bologna. Per non parlare, poi, della primissima esperienza “on the bench” con il Pisa: gioie e dolori. Come stai? “Eh bene, bene. Abbiamo avuto parecchio “riposo” a disposizione nelle ultime settimane, tra virgolette, perché ci siamo allenati nonostante la recente sosta "forzata" nelle leghe dilettanti. Abbiamo ripreso a giocare il 13 dicembre, vediamo cosa succede adesso in futuro. Speriamo bene.” Credi si possa uscire presto da questa situazione? “Io credo di sì, sono fiducioso. Ormai questo virus ce l’abbiamo, purtroppo, da già un anno a questa parte. Siamo andati avanti anche per il discorso che riguarda i tamponi, ce ne sono di più rapidi, di più veloci. È chiaro, tuttavia, che bisogna essere super precisi, od almeno, che questi tamponi siano veritieri oltre il 90 % e la direzione sembra essere quella.” Sei un allenatore “in erba”, hai cominciato solo tre anni fa’ con il Pisa in Serie C… “Allora, io avevo iniziato con la Beretti del Pisa nel 2017. Dopo soli due mesi ero stato promosso in Prima Squadra. L’anno successivo, poi, avevo avuto un’esperienza, seppur corta, al Siracusa, sempre in Serie C. In seguito alla parentesi siciliana, decisi di prendermi un anno di pausa. Un po’ perché non avevo ricevuto proposte interessanti, un po’ per continuare a migliorarmi, studiare e prendere tutti i patentini necessari per allenare. In quell’anno lì ho preso il master di Coverciano, che dura un anno e quindi anche per quello sono rimasto fermo ed in inattività.”Si vede quanto tu sia coinvolto dalla passione per questo mestiere. C’è qualche insegnamento dei tuoi tanti allenatori che porti oggi con te? “Guarda, non c’è una vera e propria figura che mi ha dato ispirazione. Per quel che posso dire, ho avuto la fortuna di essere allenato da alcuni dei migliori allenatori sulla scena italiana negli scorsi anni: Mazzarri, Spalletti, Conte e lo stesso Prandelli. Ecco, posso dire di avere tratto ispirazione da ognuno dei miei vecchi allenatori: un po’ da uno, un po’ dall’altro. Non bisogna mai emulare qualcuno. Perché se poi lo spogliatoio se ne accorge che il lavoro non è farina del tuo sacco, è finita. Puoi direttamente tornartene a casa. Perdi di credibilità agli occhi dei giocatori. Non recepiranno mai nulla di quello che vorresti trasmettere e ne vengono meno, di conseguenza, i risultati.” Mazzarri e Spalletti erano delle papabili scelte per il dopo-Iachini. Come li avresti visti sulla panchina viola? “Bene, tutti e due indistintamente. Sono due allenatori molto, molto preparati. Sono due allenatori che vanno a migliorare ogni singolo aspetto di ogni singolo giocatore. La ricerca della perfezione e la sistemazione di determinati aspetti ne contraddistingue l’operato di entrambi. Uno dei due sarebbe stata la scelta giusta a prescindere.” Poi è arrivato Prandelli. Hai visto le ultime uscite della Fiorentina? “È chiaro che con la scelta di Prandelli si è deciso di andare, tra virgolette, “sul sicuro”. È una persona che conosce molto bene le dinamiche lì a Firenze ed ha bisogno di rilanciarsi in qualche modo. Sono state fatte scelte diverse. Non si discute la bravura di Prandelli. Ma è chiaro che con uno tra Spalletti o Mazzarri la Fiorentina a prescindere sarebbe stata in ottime mani. Le ultime partite non le ho potute vedere, a dire il vero. Ma non per altro, non sto vedendo nulla della massima serie perché sono stato impegnato a tutto tondo con l’Audace: tra allenamenti ed altro. Nonostante la sosta, abbiamo continuato a lavorare giorno per giorno e perciò non ho avuto modo di vedere le scorse uscite della Fiorentina, ma non solo. Ciononostante, ho visto i risultati ed il pareggio arrivato contro il Sassuolo può essere un buon punto di ripartenza per la Fiorentina. Un pareggio, questo, che è arrivato contro la vera sorpresa di questo campionato. Quella del Sassuolo è una squadra che sta facendo benissimo, un collettivo attrezzato e con un allenatore che, probabilmente, ad oggi è tra i giovani più bravi in circolazione."Tu hai fatto parte del gruppo con alla Presidenza i Della Valle. Ora c’è Commisso. Cosa pensi dell’italoamericano? “Guarda, io ti posso parlare solo dei Della Valle perché li ho vissuti in maniera diretta. Sull’operato di Commisso non ti posso dare risposte certe perché è difficile farlo vedendolo dall’esterno. Per dare questi giudizi precisi bisogna viverle dall’interno determinate situazioni. Con i Della Valle, per esempio, c’era una situazione ben chiara e delineata. Costituivano una società giovane e nuova all’apparenza, ma dentro c’erano anche figure alte e di grande esperienza, come Pantaleo Corvino. Parliamo, dunque, di una società che è stata sempre ben organizzata e discretamente strutturata. Ed i risultati conseguiti lo dimostrano appieno. La Fiorentina lottava per traguardi importanti. Ed è stato possibile farlo grazie ad una programmazione ben precisa del lavoro che partiva sostanzialmente da dietro le quinte.” Con la Fiorentina hai raccolto 63 presenze in due anni e mezzo, ma non hai segnato nessun goal: visto il ruolo da mediano. “Ma guarda, in verità in tutta la mia carriera non ho mai inciso particolarmente dal punto di vista realizzativo. Forse con il Napoli è arrivato qualche gol, trovai il primo contro il Lecce se non ricordo male. Forse perché al San Paolo avevo avuto modo di trovare la mia dimensione, con Mazzarri. Mi sentivo magari più a mio agio e segnavo anche. Ma ecco, in carriera non ho mai avuto l’esigenza di dovere segnare appositamente, visto anche il ruolo che ricoprivo come hai giustamente detto tu.” Al Napoli ci andasti nel gennaio del 2008, proprio dalla Fiorentina durante il mercato invernale. C’è stato qualche motivo in particolare di questo trasferimento? “Ma no, semplicemente quello fu un colpo che il Napoli volle davvero. Ero stato ricercato da loro, conoscevo bene l’allora direttore sportivo dei partenopei – Pierpaolo Marino, ndr – che in precedenza m’aveva portato ad Udine. In quella che fu la mia prima esperienza in Serie A. Poi in quei mesi venivo da un brutto infortunio al crociato, non avevo avuto il giusto spazio e, quindi, non avevo più le giuste motivazioni a Firenze. Ed al Napoli le ho trovate, per fortuna. Avevo bisogno di una nuova esperienza lontano da Firenze e Napoli fu la scelta più azzeccata. Perché è stato il club dove mi sono espresso maggiormente nel corso della mia carriera e dove ho reso di più. La scelta di lasciare Firenze fu difficile, chiariamoci. Però ne è valsa la pena.”Parliamo di Napoli e, ovviamente, non possiamo non parlare di Maradona. L’hai mai incontrato in vita tua? Come hai reagito alla notizia della sua morte? “Purtroppo, mai. Non ne ho mai avuto occasione, nonostante l’esperienza al Napoli. Immagino quanto sia stata dura per tutti i tifosi napoletani avere saputo della sua morte, conoscendo la piazza. Ma è chiaro che non riguarda solo loro, ma tutte le tifoserie nel mondo. Come è stato detto più volte, Maradona è stato in grado di unire tutti i tifosi e gli appassionati di questo sport meraviglioso. Poche personalità possono godere di questa soddisfazione. È stato unico in tutti i sensi. Ha lasciato un segno in tutti gli amanti di calcio, non solo dei tifosi napoletani.” Quali ricordi hai di quegli anni a Firenze? “Ce ne sono molti, a dire la verità. Di quei due anni e mezzo, forse solo gli ultimi due mesi li ho vissuti in maniera un po’ particolare. Forse a causa dell’infortunio o del trasferimento che ci sarebbe stato da lì a poco tempo, ecco. Per il resto, dal punto di vista calcistico e dei risultati sportivi, non posso che ritenermi soddisfatto. Raggiungemmo la Champions, non posso dimenticarmelo. La tifoseria viola, poi, è speciale e me la conserverò sempre nel cuore.” Cosa serve alla Fiorentina per ritornare a quei livelli? “Ovvio che ci può arrivare. È chiaro, tuttavia, che deve esserci una base dietro, una sorta di programmazione dal quale potere ripartire a dovere. Io all’epoca mi ero ritrovato nel corso di un programma chiaro e preciso che era già partito prima e che ha dato, come sai bene, i suoi frutti. C’era un preciso lavoro dietro. Per ritornare a quei livelli lì alla Fiorentina sanno di avere bisogno di tempo e di duro lavoro: preciso e chiaro. Sappiamo quanto non sia facile per una piazza come quella di Firenze vivere questi momenti attuali: i tifosi sono esigenti e non è un segreto. A prescindere dagli interpreti, quello di cui la Fiorentina ha bisogno, secondo me, è una precisa programmazione del lavoro dal quale potere ripartire: in totale serenità e tranquillità.”
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