Foto di Giacomo Morini ©
Foto di Giacomo Morini ©

L’idea viene dalle mie osservazioni sulla maniera che hanno e ebbero le squadre di affrontare le partite. Ho notato quanto si tenti di generalizzare attraverso il ricorso alle casistiche e quanto il caso faccia da padrone per essere reso normale.

Ecco, perché io parlo di ambiente e non di campo, o spazio.

Ho individuato due princìpi sociali:

  1. Principio di emulazione
  2. Principio di combinazione

Piuttosto che seguire la spontaneità (come direbbero nello Zen), ci direzioniamo verso misure i cui limiti sono proceduti ben oltre. Questo è il motivo, per il quale siamo creature sempre più pesanti che camminano su una superficie sempre più sottile. Altrimenti, il ciclo delle rinascite non sussisterebbe e noi non saremmo tecnici (perciò mezzi) e non saremmo, prima, sostituti e, poi, sostituibili.

Il principio delle mutazioni: il divenire che è lo stato sensibile della conoscenza.

Dunque, il “Samsara” rappresenta effettivamente lo stato divino e noi, attraverso le nostre azioni che vertono alla generalità e all’uniformità, “abbiamo in noi (come direbbe Hernan Huarache Mamani) il divino”.

Non sto dicendo che sia sbagliato, sto dicendo, ripeto, che sia giusto, ma nella sua misura.

Perciò noi “andiamo oltre”, facendo divenire l’immorale morale. La sofferenza e l’estetica osservano, coi loro occhi mai stanchi, qualunque movimento. Ciò che, oggi, viene visto come rivoluzionario o innovativo non ha un’origine propria. Altrimenti, risulterebbe irriconoscibile (e col termine “irriconoscibile” non sto parlando di “anomalia” e “anormalità”) e, di conseguenza, non potrebbe far parte del mondo (argomento terra: scissione mondo/natura, entrambi ambienti aventi norme generico-estetiche ripetute).

Incipit de “La visione del calciatore”:

Prima di passare alla spiegazione vera e propria della “Scatola Difensiva”, voglio darvi una dritta che si collega ad essa. Dritta non volutamente approfondita vista la mole dell'articolo:

  1. L’oggetto di concentrazione, che il difensore (badate bene: “difensore” non centrale, terzino, fluidificante, mediano, centravanti, ala…) va a scegliere, deve essere quello che possegga la maggiore probabilità di concretizzare la “possibilità di ricezione”. Dove? Il punto (sezione) del campo reputato “vuoto”.
  2. La visione del difensore è da spalla a spalla e, attraverso questa, tenendo in considerazione l’evoluzione dell’azione e il proprio stato psico-fisico, optare per un determinato oggetto di concentrazione.
  3. Chiamare il compagno più vicino al punto di rischio (sezione vuota), perché avente la visione della possibile evoluzione dell’azione.
  4. Capire quale movimento compiere e a che distanza compierlo; oppure valutare se compierlo o no. Stando a quanto affermato nel punto 3, potrebbe, invece, capendo di non poter coprire la distanza, limitarsi a richiamare l’attenzione del compagno più vicino al punto di rischio.

Se il compagno dovesse già accorgersi della sezione vuota, non ci sarebbe bisogno del punto 3 e, di una parte, del punto 4.

La “Scatola Difensiva”:

Dopo un’introduzione filosofica (filosofia spicciola lo ammetto) e un incipit di tutt’altro argomento (seppur collegato), passiamo alla spiegazione:

4-2-3-1 (lo so: sbilenco, ma giuro che sia un 4-2-3-1): ho preso questo modulo, perché è quello che, volere o volare, la Fiorentina attua. Anche se con alcune variazioni inerenti le marcature a uomo a tutto campo dei centrocampisti.

Terza Linea:

Qui spiegherò la movenza base applicabile dalla retroguardia viola:

Ho tolto i nomi per rendere più chiaro le posizioni assunte dai calciatori. Poi, ripeto, l’applicazione che uso è limitata.

Comunque, cercherò di farmi comprendere a parole.

Questi, i due “club” hanno maggiormente suscitato in me quest’idea:

  1. Atletico Madrid
  2. Liverpool

Questi, invece, i due “tecnici” che hanno maggiormente suscitato in me l’idea:

  1. Roger Schmidt
  2. Diego Pablo Simeone

Sottolineo: “l’hanno suscitata”. E basta.

Adesso, torniamo all’immagine sopra.

Osservando la Fiorentina (le caratteristiche dei calciatori) e Vincenzo Italiano (la “filosofia” di gioco), ho creato questo “malsano” (o “sano”, dipende dai punti di vista) stile di manovra:

  1. L’ambiente di pressione deve essere mantenuto, per essere ottimale il recupero palla, compreso tra metà della metà campo viola e metà della metà campo avversaria.
  2. I fluidificanti sono gli unici che stiano al di fuori dell’ambiente di pressione e che abbiano l’inserimento (|) come movimento caratterizzante (ciò, però, non significa che le altre funzionalità non possano farlo).
  3. I 4 princìpi della “Scatola Difensiva”: rotazione, asimmetria, linee di passaggio e accompagnamenti.
  4. La posa assunta dalle gambe dei calciatori deve essere leggermente arcuata (>) e non “|”, come, ad esempio, usa fare chi attua la trappola del fuorigioco.
  5. Il campo visivo va “da spalla a spalla”.
  6. Creazione di un contatto visivo e, dunque, memorizzazione della distribuzione, all’interno dell’ambiente, della posizione inerente gli oggetti, dei quali viene percepita la pienezza della forma. Ad esempio, nella linea del fuorigioco: la terza linea memorizza soltanto la posizione di partenza dell’avversario e ciò che li concentra è esclusivamente il pallone. In questo caso abbiamo una squalifica pregiudizievole e l’estetica delle movenze diventa l’obiettivo fondamentale (salire alla battuta della palla); mentre nella “Scatola Difensiva” creiamo scelte e comunicazione.

Tabella delle antinomie per comprendere meglio il mio lessico:

                   IO                                       CONVENZIONE
Recupero palla Pressing
Manovra Possesso palla/Catenaccio
Creare Produrre

 

 

 

 

 

Adesso passiamo al comportamento di base della terza linea.

Mettiamo che l’avversario debba scendere a prendere palla:

Il fluidificante mancino lo accompagna (dopo vi spiegherò cosa significhi rotazione e accompagnamento, pazientate):

Gli altre tre calciatori appartenenti alla retroguardia viola ruotano (so che siano diagonali, ma, ve l’ho già detto, immaginate che siano curve):

Le posizioni dei tre terzini:

  1. Terzino di sinistra: centrosinistra.
  2. Terzino di destra: centrodestra.
  3. Libero (oggi stopper): centro.

I loro campi visivi:

  1. Terzino di sinistra: centrosinistra-sinistra.
  2. Terzino di destra: centrodestra-destra.
  3. Libero (oggi stopper): centro-centrosinistra-centrodestra.

Perché dico “centro”, “centrosinistra” e “centrodestra”? Perché la via più diretta per far gol forma questa macrozona centrale:

Inoltre, l’ho detto nei due articoli precedenti, la terza linea deve essere più larga del centrocampo.

Difatti, le posizioni assunte dai tre terzini servono, primo, a dare copertura alla macrozona sopra mostrata e, secondo (ma non meno importante), portare, attraverso la rotazione, alla copertura delle zone macrozone laterali, con gli avversari che non rispetterebbero il principio di convergenza.

La rotazione:

Sopra l’ho accennata, ma trovo giusto ripetermi nello specifico:

  • Le diagonali portano la squadra a retrocedere. La rotazione, invece, ha il compito di mantenere il limite dell’ambiente di pressione e la pressione stessa, attraverso l’accorciamento della distanza, senza precludere la stabilità. Come? Facendo assumere ai difensori pose e posizioni intermedie.

Accompagnamento:

Qui prenderò ad esempio l’accompagnamento base, quello del fluidificante.

Ripartiamo da qui:

L’accompagnamento si suddivide in tre fasi:

  1. Abbinamento: la formazione di una coppia, dove il fluidificante induce stress col metodo invasivo-psicologico (“pensiero invasivo” viene utilizzato in psicologia, qui metto invasivo e psicologico come se stessero assieme e non; nel senso che invasivo vuol dire anche invadere fisicamente lo spazio interpersonale):
  1. Stacco: il punto in cui il fluidificante si stacca dall’avversario abbinato. Io, da creatore di tale schema, invito a compiere (rimanendo nel caso qui preso in considerazione) lo stacco massimo poco prima del limite alto del campo di pressione:
  1. Rientro: riassumere la propria posizione di partenza:

I calciatori lontani dalla zona vuota (punto pericoloso), o lontani dalla zona palla si muovo seguendo le linee di passaggio e la conoscenza ambientale, restando sempre asimmetrici.

Attacco:

Col termine difensore intendo il calciatore che compia la fase difensiva. Non il ruolo in sé, ma una delle sue caratteristiche.

Partiamo dall’immagine sottostante:

I quattro avanti viola disegnano un rombo iniziale. Iniziale, perché i movimenti, che successivamente illustrerò, dimostreranno, in realtà, che sia un quadrilatero.

Il trequartista:

Come per la terza linea, anche l’attacco ruota. Il perno sul quale compie la rotazione è il trequartista.

Sopra ho mostrato i movimenti di tale funzionalità. Qui sotto esporrò i suoi caratteri di base:

  1. Porsi su linee di passaggio secondarie.
  2. Raddoppiare, ma solo in casi estremi.
  3. Cercare sempre l’intercettazione.
  4. Restare asimmetrico sia rispetto ai suoi compagni di reparto, sia rispetto ai mediani.
  5. Non deve accostarsi al centravanti (porsi accanto a lui sulla solita linea).
  6. Posizionarsi sempre al centro (come lo stopper nel caso della difesa).
  7. Seguire la rotazione delle ali.
  8. Avere anche occhio per il lato cieco.

Il trequartista potrebbe essere addestrato non soltanto a una percezione sensoriale anteriore, ma pure posteriore. Poiché, in teoria, lavora maggiormente lontano dalla palla.

Le ali:

Al momento sto specificando soltanto i caratteri generali e le direzioni dei movimenti. Alla fine dello scritto, vi proporrò una situazione di gioco che li chiarirà.

Le ali non devono allargarsi, ma mantenere le distanze e semplicemente ruotare. Il movimento che devono fare l’ho cercato di riproporre nell’immagine in basso:

Nel globale, la loro visione resta da spalla a spalla, corpo posto fronte al pallone e spostamenti laterali:

L’ala, quando si trova lontana dal pallone, non si tiene sulla linea dell’ala opposta. Il suo sarà, come ho detto innumerevoli volte, puro orientamento.

Quindi, guarderà dove si trova la sfera, dove si trova il centravanti, dove si trova il trequartista e, soprattutto, dove si trova lui rispetto alle possibilità di ricezione avversarie.

Il centravanti si muove o verso sinistra o verso destra, tenendo in considerazione le due ali.

Prima della situazione di gioco che vi avevo anticipato, vi propongo la rotazione massima dell’attacco. Così potete già farvi un’idea:

Una situazione di gioco:

Questo esempio servirà solo come dimostrazione della rotazione e del funzionamento (base ripeto) della “Scatola Difensiva”.

La palla arriva nella zona rossa:

Accompagnamento con conseguente rotazione della terza linea:

L’ala ruota, creando asimmetria col fluidificante (leggermente più avanzato). Così da togliere soluzioni di passaggio centrali:

Una situazione critica:

Esporrò uno schema difensivo nel caso in cui il fluidificante dovesse essere saltato.

La palla va qui:

La terza linea ruota:

Avevo detto una cosa: i fluidificanti sono gli unici ad usare l’inserimento (|), “però (ho aggiunto) non significa che le altre funzionalità non possano farlo”.

Il mediano si abbassa:

A questo punto, qualunque tecnico si chiederebbe: “Perché non allarga i mediani?”.

Cosa dissi? Fondamentale non è la terza linea, ma il centrocampo. Dobbiamo proteggere la “via più diretta per far gol”.

Dunque, succede questo:

Il mediano indietreggia, facendo spazio all’ala:

Voi direte: “Ma se indietreggia il mediano, non sarà pericoloso?”. Io vi rispondo: è pericoloso se l’attacco non esegue la rotazione, se l’ala non compie i movimenti che io vi ho elencati (ricordatevi: “ritmo e distanze sono il pane del calcio odierno”).

Alla fine, col rientro del fluidificante, otteniamo:

Conclusioni:

L'articolo, ovviamente, data la mole delle informazioni che, altrimenti, sarebbe stata enorme, non è volutamente esaustivo e, in ogni caso, a mio parere, la teoria della “Scatola Difensiva” resta migliorabile di per sé.

Comunque, spero che, almeno a grandi linee, i suoi princìpi siano risultati chiari.

Non mi voglio prolungare oltre e vi ringrazio della pazienza.

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