È intervenuto così ai microfoni della Gazzetta dello Sport il presidente del Torino: Urbano Cairo. Coronavirus?"Quando si vive un momento come questo non si può parlare di sport, calcio, calendari, staccandolo da ciò che sta passando il Paese. Bisogna essere realisti, capire cosa si potrà fare e a cosa invece si dovrà rinunciare. Dovremo ripartire, certo, e il calcio dovrà essere un motore di questa ripresa ma tenendo presente prima la salute, poi il futuro. Perché una stagione purtroppo è stata rovinata, ma dobbiamo stare attenti a non rovinare anche la prossima. Stiamo tutti lottando e molti soffrendo per la perdita di persone care. A chi oggi vive momenti drammatici va la mia solidarietà, a chi si sta impegnando negli ospedali tutta la nostra gratitudine. Ma dobbiamo mantenere la fiducia. Ne usciremo e anche un periodo così traumatico può essere l’occasione per migliorarsi come persone, per riflettere, per cambiare, guardarsi dentro, per tornare a dare il meglio di noi stessi quando tutto questo sarà finito. Come in tutte le situazioni negative bisogna essere forti e reagire superando i nostri limiti. Torneremo a sorridere, restiamo coraggiosi e ottimisti. Ritengo che il 30 giugno sia un limite invalicabile oltre il quale giocare sarebbe sbagliato. Stiamo vivendo sulla nostra pelle e senza colpa la rovina di questa stagione, ma non rischiamo di rovinare anche la prossima, perché quella si, sarebbe una responsabilità nostra. Abbiamo spostato gli Europei, ci sarà una stagione congestionata dai calendari, dobbiamo stare attenti. Dovrà essere una stagione di ripartenza sotto tanti punti di vista e non dobbiamo rischiare di rovinarla." Giocare a luglio?"Mi sembra una ipotesi che rischia di complicare le cose. Stiamo parlando di riprendere a giocare senza conoscere pienamente i rischi a cui potrebbero essere sottoposti tutti i componenti che girano intorno a una squadra. E giocando sempre a porte chiuse". Tagli agli stipendi?"Sono d’accordo. Prima ancora di prendere la calcolatrice, va chiesta ai giocatori un’analisi intelligente e lungimirante della situazione. Se il sistema va in crisi ne pagano le conseguenze anche loro. Fanno parte del mondo del calcio è richiesto anche a loro un contributo per superare questo momento difficile. D’altra parte non si stanno allenando, non stanno giocando, in molti casi hanno lasciato l’Italia per tornare a casa loro, dalle proprie famiglie, è normale rinunciare a qualcosa".
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