Si è confidato ai microfoni de La Naciòn il centrocampista argentino dell'Udinese Rodrigo De Paul. Queste le sue parole: "A volte mi sento molto sotto pressione perché voglio che tutto vada bene: Ai miei fratelli voglio che non manchi nulla, poi voglio crescere con la Nazionale e infine che l’Udinese migliori. E la situazione può essere travolgente. Così mi affido a mia moglie, che mi aiuta a liberare la testa, e a mia madre, che si prende cura di tutta la famiglia in Argentina". È contento della sua carriera? "Essere un professionista mi rende felice. Nella mia vita calcistica sono sempre stato un professionista. In termini di allenamento, cibo e riposo. Per questo motivo sono diventato un giocatore importante in Nazionale. So che essere diventato il 10 dell’Udinese non è come esserlo del PSG o altri club simili. Se giochi male, può esserci una svalutazione, magari da parte di persone che non sono preparate: “E' Normale, De Paul non gioca per l’Elite, gioca per l’Udinese”. Ma perché dovrei cambiare? Sono immensamente felice per le cose che ho realizzato, vedendo da dove vengo, la famiglia che ho formato. Fare il calciatore è un lavoro per due: posso esserlo grazie alla donna che mi sta accanto, che è forte, che mi accompagna, che capisce i tempi del calciatore. Stiamo insieme da 11 anni,  So che nessuno di quelli che mi stanno intorno lo fa per interesse: ho amici da quando avevo tre o quattro anni. È una cerchia molto stretta. Quando li rivedo è un momento di grande felicità e a volte spaventa un po’, perché ti fa pensare che potrebbe arrivarne uno brutto. Ma bisogna goderselo e basta, Vado sempre avanti". Come sta in Italia? "Sono passati quasi sette anni da quando ho lasciato l’Argentina. A quei tempi il Racing non aveva un posto dove mangiare o un nutrizionista. Uscivi dall’allenamento e andavi a mangiare con qualcuno prendendo una Coca-Cola. Con il tempo si vuole migliorare, e il contesto aiuta. All’Udinese ho incontrato un ottimo nutrizionista che non mi ha imposto di mangiare questo o quello, si è seduto con me e mi ha spiegato perché è importante non mangiare zuccheri o perché è importante mangiare carboidrati il giorno prima della partita. Questo mi dava diverse soluzioni in campo. Ovviamente non giochi meglio perché mangi meglio, è una stupidaggine. Ma mangiare bene, fa affaticare meno e questo libera la testa per prendere le decisioni migliori. TI aiuta a riprendere più velocemente da una partita con l’altra, meno infortuni. Se aprite il frigorifero di casa mia, vi rendete conto che non è molto divertente: c’è molta frutta, verdura, pane integrale, frutta secca". Come si vive a Udine? "Qui abbiamo le cose che ci rendono felici. Non abbiamo bisogno di molto: Questa città ci ha accolti fin dal primo giorno, qui siamo diventati genitori. Sembra una cosa piccola, ma per me è molto importante il modo in cui l’ospedale di questa città ha trattato mia moglie e mia figlia. Abbiamo il nostro ristorante, dove passiamo il Natale, i nostri posti per passeggiare, e anche mia moglie ha la sua routine. Il club mi ha fatto sentire importante fin dall’inizio, regalandomi una maglietta simbolica per l’Udinese. Mi ha permesso di giocare per la nazionale, di giocare la Copa America al fianco del miglior giocatore della storia. Queste cose creano legami difficili da rompere, sarebbe molto difficile un posto comodo come lo sono qui. Mi piacciono le sfide, mi piace crescere. Voglio giocare di nuovo la Champions League, voglio giocare un Mondiale. Mi preparo ogni giorno per questo, quindi non so cosa può succedere in futuro".
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