Mario Sconcerti, decano del giornalismo sportivo italiano, è intervenuto in diretta a Stadio Aperto, trasmissione di TMW Radio: "Quando ho letto la lettera ho ritrovato molto del mio sconcerto, credo di aver capito: è una cosa successa anche a me, forse sia io che Prandelli siamo rimasti troppo tempo nel calcio e questo è andato avanti senza di noi. La lettera non spiega molto, chiede di essere capita. Prandelli è un uomo che, dolorosamente, ci dice cose di se stesso assolutamente profonde e devono valere per quello che sono. Lui è il nostro mondo, almeno per 10 minuti. Poi magari penseremo a Iachini e a tutto il resto...".
Sarebbe utile riuscire ad aprire il mondo degli atleti professionisti nelle loro intime debolezze?

"Se ci si limitasse nell'offenderli, sarebbe già una buona terapia. Un grande sportivo ha una grande platea e mille modi per raccontarsi, ma ogni volta viene sommerso di ingiurie da un popolo vasto che gli rimprovera di essere com'è. Per fortuna i social si stanno annientando da soli, specializzandosi sempre di più in offese e discussioni tra loro, diventando inessenziali. La loro rivoluzione sarebbe esprimere pareri che contano, ma se è solo per il numero e per la qualità, per fortuna dureranno poco, e già sono diventati frangia volgare del nostro modo di essere, capace però di fare ancora molto male. La cosa più leggera che ho sentito dire a Prandelli era "bollito". Questo in una tifoseria intelligente e abbastanza sofisticata come quella della Fiorentina, ma che non sa rinunciare alla battuta non capendo che troppe volte casca addosso a persone che stanno soffrendo. Di certo Prandelli non aveva accettato né per soldi né per carriera".

Lei è rimasto sorpreso?

"Per forza, come tutti. Ma non si deve legare la cosa ad un singolo avvenimento, o ne sfugge il senso. Lui non si riconosce più in questo mondo, e teme di essere un danno per gli altri: questa è una storia estremamente profonda, è la lucidità della depressione. Riuscire tutti insieme in questa seduta complessiva cui ci sta costringendo Prandelli, capire quale sia il male che gli abbiamo fatto, è l'ultima cosa utile che possiamo fare alla Fiorentina".

In cosa il calcio oggi può ferire un allenatore professionista come Prandelli? "Come uomo, ho sentito anche io la vecchiaia del calcio. Le persone di talento, finché ce l'hanno, restano giovani ma sono le abitudini con cui devi confrontarti a cambiare, e diventi una caricatura di te anche perché gli altri ti ci fanno diventare. Dicevamo che il suo calcio non era più, che era troppo emotivo e coinvolto, forse per dire un po' rincoglionito. Questa asprezza, sincerità senza limiti ed eccessiva, ferisce. La saccenteria oggi è ormai di chiunque, e te la spiattella. Questa mancanza di linee di confine alla misura è una cosa insopportabile: sentirsi continuamente e volutamente travisato da gente che non ha alcun titolo per farlo è veramente frustrante".

Secondo lei Pirlo sarà confermato a prescindere come dice Paratici? "Io ho qualche dubbio su Paratici, uno come lui coinvolto nel caso Suarez per me ha chiuso lì. Può fare qualsiasi altro tipo di mestiere, ma lui dice quello che gli dicono di dire. Se la Juve fosse corretta con se stessa confermerebbe Pirlo perché sa di avergli dato una patata bollente in mano. Se c'è qualcuno di più offeso di Prandelli, qua, è Pirlo, se non altro per il numero di tifosi. La mia sensazione però alla fine è che venga esonerato".

Allegri come l'ha visto domenica? "Per me prenderanno uno come lui o Zidane, anche se non mi sembra proprio che Allegri ora possa tornare alla Juventus. Secondo me va alla Roma, anche se non ho notizie in merito".

I giocatori saranno turbati da quanto ha detto Prandelli? "Certamente lo saranno. La produttività della macchina non dipende da chi la dirige, c'è un impegno alla settimana da produrre anche se credo che la lezione di Prandelli, molto profonda, durerà 10 minuti ancora".

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