Ancora Vincenzo Montella nella lunga intervista alla Gazzetta dello Sport. Queste le sue parole: Sul Milan: «Con il Milan ho conquistato l’ultimo trofeo del club rossonero. Ho letto che Galliani tiene l’immagine di quella Supercoppa sul suo cellulare. Non valuto un fallimento la mia esperienza al Milan. Non mi hanno dato il tempo di lavorare. A Siviglia sono stato esonerato dopo aver ottenuto un risultato storico, la qualificazione ai quarti di Champions e conquistato la finale di Coppa del Re. Vi sembrano risultati disastrosi?». Sul campionato: «Leggevo i dati sui monte stipendi. La Juve spende il doppio rispetto alle altre grandi. Ha ragione il presidente Commisso quando dice che i bianconeri potrebbero schierare tre squadre. Per fortuna, Sarri all’inizio ne può schierare solo undici. Inter e Napoli quest’anno sono più vicini alla Juve. Lo scudetto non è già assegnato». Sull'Inter: «È mono-pensiero. Merito di Conte, naturalmente. Era deluso da Perisic e il croato è stato ceduto. Voleva Lukaku e Marotta lo ha accontentato. Volete che continui? Conte riesce ad ottenere quello che vuole. Non esistono tanti allenatori con la sua forza. Dopo naturalmente produce risultati». Sul Napoli: «Deve trovare equilibrio. Prendete la difesa, sulla carta non esiste niente di meglio di Koulibaly e Manolas eppure hanno preso 7 gol in due partite». Insegnamenti da Juventus - Napoli: «Che se cala la tensione anche gli extra terrestri diventano umani. Capello, quando ero alla Roma, cominciava a urlare quando andavamo sul 3-0». Serie A campionato con il maggiore numero di grandi allenatori: «Sì. L’anno scorso erano tornati Ancelotti, Mazzarri e il sottoscritto. Ora Conte e Sarri, che non avrà problemi con la Juve, perché i grandi calciatori vogliono lavorare con i grandi allenatori. Però se potessi andrei a cena con Klopp. È il mio mito. Vorrei conoscerlo». Sui cambiamenti degli ultimi anni: «Parlo di più con i giocatori. Ho dovuto studiare le lingue. Con lo spagnolo ci siamo, con l’inglese stiamo migliorando». Sul figlio: «Era titolare nella Roma Allievi ma a un certo punto mi ha detto: “Papà, il calcio non mi appassiona, ho altri sogni nella vita”. Eppure Alessio non giocava perché portava il mio cognome. Aveva qualità. Ora fa il terzo anno alla Bocconi ed è molto bravo. Sono orgoglioso di lui. Vede? Sono quasi commosso».
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