“Ecco Pazzini! A vuoto Toni! E poi, Alessandrooo, Gamberiniii!! Spiazza Doni, 1-1!”
Così tuonava alla telecronaca di un vecchio Fiorentina-Roma Fabio Caressa, commentando un gran gol al volo dell’ex viola. Ciononostante, con la Fiorentina ha segnato solo 6 gol in carriera. Tuttavia, dalla stagione 2005/06 sino alla 2011/12, Alessandro Gamberini (oggi 39 anni) ha difeso egregiamente la propria area di rigore in ben 225 presenze. In nome della Fiorentina e dei tifosi viola. E lui lo è ancora, oggi, tifoso dei gigliati, seppure addentratosi nella realtà calcistica veronese da un paio di anni a questa parte. Scegliendo di intraprendere la strada più impervia che ci sia nel calcio: quella manageriale. Un percorso che, tuttavia, l’ex difensore bolognese svolge con passione e perpetua voglia di crescere. Prima con l’Ambrosiana, oggi con la Virtus Verona, Gamberini riveste il ruolo di viceallenatore. Poi chissà, un giorno potrà prendere appieno tra le proprie mani le redini di un intero collettivo e di restare a contatto con il terreno di gioco, seppur a bordocampo. La cosa più importante per lui è non spezzare questo tipo di connessione: quella con l’erbetta del campo da gioco. Oggi compete per la Serie C, domani… Come sta andando in Serie C con la Virtus?  “Tutto bene dai, a parte il periodo storico che stiamo vivendo con il COVID-19, è stato un anno terrificante per tutti. L’anno nuovo adesso ci fa ben sperare, speriamo sia meglio di quello passato. Ci sono state difficoltà dal punto di vista gestionale. Tante volte non sai se una partita puoi prepararla, se puoi giocarla, non sai quanti giocatori contagiati hai, se puoi impiegarli o meno. Se anche tu stesso sia entrato, o meno, in contatto con qualche positivo. Insomma, non la vivi bene. Speriamo di tornare piano piano alla normalità, me lo auguro a nome di tutti.”A Prandelli lo hai chiesto qualche consiglio a suo tempo?  “E beh, ovviamente. A Prandelli gli ho scritto “Bentornato a casa” quando ho saputo che sarebbe tornato a Firenze. È più di un allenatore per me, è un amico. Ci sentiamo spesso. Gli rinnovo il mio più grande in bocca al lupo per questa, cosiddetta, “Fiorentina Due”, chiamiamola così. Con lui è stato un ciclo meraviglioso a Firenze, l’ho vissuto tutto: è stato l’apice della mia carriera. Sono stato fortunato ad averlo avuto come allenatore. Ed oggi come collega, anche se è più di un collega. È stato, ed è tutt’ora, fonte d’ispirazione.” Ricordi se aveva qualche rito scaramantico prima di ogni partita? Quale aria si respirava dentro lo spogliatoio? “No, riti scaramantici non ne aveva. Per quello che ricordo io la sua filosofia di allenamento era basata sulla dedizione totale al lavoro. Quegli anni c’era uno staff formidabile, era l’università del calcio: nel verso senso del termine. C’era anche suo figlio Niccolò, ricordo i fisioterapisti, i magazzinieri. Insomma, ero uno staff di primo ordine, di prima fascia. Rispetto agli allenatori che avevo avuto prima, in Prandelli mi colpì la gestione delle pressioni, un self control non indifferente. Anche dopo una cocente sconfitta, lui era capace di analizzare negli spogliatoi obiettivamente la cosa e ci permetteva di andare oltre il risultato, permettendoci sempre di lavorare bene e meglio. Una straordinaria capacità di gestire le situazioni che ci trasmise, sia in campo che post partita. Nello spogliatoio s’era creata un’alchimia nel gruppo ed una mentalità che rispecchiava appieno il suo linguaggio calcistico. Gli dirò sempre grazie per questo.” Hai visto le ultime gare della Fiorentina? “Ho potuto vedere solo l’esordio, ma a sprazzi. Anche le altre partite non sono riuscito a vederle per bene, ma per via degli impegni che ho, non per altro. Per quello che ho potuto vedere penso che a tutto questo bisogna dare del tempo. Il giusto tempo. Per trasmettere i suoi principi di gioco, soprattutto, ci vuole tempo. Dei principi completamente diversi da quelli di Iachini. E dal punto di vista fisico, soprattutto, bisogna che ci sia il giusto tempo d’adattamento. Entrando in corsa, così, in questo preciso periodo storico dove si gioca praticamente ogni tre giorni quasi non è facile. Ma arriveranno i risultati, ne sono certo.” Un ritorno diverso questo… “Esatto, ma quello fu l’anno zero, praticamente. Arrivò in estate, ebbe modo di fare un ritiro come si deve, costruì dalle ceneri una solida squadra ed i risultati arrivarono subito. Il periodo storico era totalmente diverso quindi, secondo me, è prematuro fare paragoni con quella Fiorentina. Lì ebbe modo sin dall’inizio di fare quello che più riteneva opportuno e come voleva lui. Costruì un gruppo che poi lo accompagnò nei successivi cinque anni in modo egregio.” Tu sei stato allenato da Walter Mazzarri anche lui in corsa per la panchina viola insieme a Prandelli “Secondo me sarebbe stato una figura adatta. È impossibile pensare a quello che avrebbe potuto fare, non ho la palla di vetro. Ma ecco, se io avessi bisogno di rifondare una squadra e ripartire dal cosiddetto “anno zero” con Mazzarri sarei stato largamente in ottime mani, perché è un maestro di calcio. Come lo è Cesare eh, ma con aspetti diversi l’uno dall’altro. Sono entrambi idonei per questo compito, ecco.”   Milenkovic e Pezzella in difesa come Dainelli e Gamberini?  “Milenkovic e Pezzella si completano a vicenda secondo me. Di grandissima prospettiva. Milenkovic, in particolar modo, è un profilo molto, molto interessante, di difensore moderno. Pezzella già lo conosciamo, è un difensore molto esperto ed insieme costituiscono una gran coppia. Tuttavia, è chiaro che quando cerchi di costruire un progetto ambizioso, gli elementi interessanti e potenzialmente forti cerchi di tenerli in rosa. L’auspicio di tutti è che arrivi il rinnovo di contratto, si spera. Con Prandelli, potranno arricchirsi ancora di più dal punto di vista tattico ed umano.” Potendo ritornare indietro nel tempo, cambieresti qualcosa di quello fatto alla Fiorentina?  “Potendo tornare indietro oggi, probabilmente, sarei andato via da Firenze un anno prima. Nel senso che ho sofferto troppo l’ultimo anno, per motivi fisici e, diciamo, di progetto. Fu un anno travagliato. Ho sofferto come giocatore e come tifoso della Fiorentina. Quell’anno lì, da tifoso viola e da giocatore, non ho potuto dare il mio contributo alla causa, è stato molto difficile. Col senno di poi avrei preferito non viverlo un anno così, in una città della quale ero e sono, tutt’ora, innamorato follemente. E lo sarò per sempre. Come della tifoseria, della gente e della stessa maglia viola. Personalmente, fu un anno difficile in tutti i sensi. Quando si chiude un ciclo vincente ed entusiasmante è difficile ricostruire, Quando tu sei stato parte integrante dello stesso ed una colonna portante, ti porti dentro le notti di Champions, l’Europa League, la vittoria a Torino contro la Juve. L’averlo vissuto da protagonista per poi inevitabilmente cambiare tutto per me fu una sofferenza. Subentrò Delio Rossi pure. Insomma, se avessi una bacchetta magica anticiperei la mia partenza da Firenze. Fu difficile, per me come per Manuel Pasqual, per esempio. Quell’anno ci salvammo alla penultima di campionato contro il Lecce, quando gli anni prima, invece, te la giocavi il mercoledì a Liverpool od a Monaco di Baviera contro il Bayern, per dire. C’è stata molta sofferenza per noi senatori.” Più o meno la squadra gigliata sta vivendo la stessa situazione ai giorni d’oggi. Ti sei mai chiesto cosa successe allora?   “Il discorso è molto semplice. Stiamo parlando di una realtà che, economicamente parlando, non è un colosso come l’Inter e la Juventus, passami il paragone. Quella della Fiorentina è una realtà alta in Italia, tra le prime cinque in Italia secondo me. Quando termini un ciclo non puoi sbattere sul tavolo cento e passa milioni di euro, così, e rifondare dal nulla comprando i cinque giocatori più forti al mondo. Ed è chiaro che tutte le ciambelle non escono con il buco. Io mi ricordo che al primo anno con Prandelli in ritiro eravamo in quaranta giocatori. E c’era un dirigente, come Pantaleo Corvino, che riuscì a fare uno straordinario lavoro con gli esuberi. Io, come Toni e come altri, eravamo sin da subito tutti in discussione. Ed alla fine scelsero quei giocatori che resero la Fiorentina grande per quegli anni. Furono fatte delle scelte coraggiose, come puntare su gente come me, che all’epoca ero sconosciuto, o come Montolivo. Furono fatte delle grandi scommesse ed alla fine furono vinte. Pradè si è affidato anche a qualche scommessa…  Non sempre le vinci le scommesse. Quando riparte un ciclo non è mai semplice. Ci deve essere un grande lavoro da parte dell’assetto dirigenziale. Quando Pantaleo Corvino scelse me all’epoca sapeva di non andare a prendere un Rio Ferdinand od un Vidic, chiariamoci. Prese la moneta e fece testa o croce su un giovane di grandi prospettive come lo ero io all’epoca. Ma Pantaleo a prescindere sapeva se un giocatore aveva del potenziale, o meno. Quando comprò me sapeva cosa avrei potuto dare. Io ebbi la fortuna di riuscire ad esprimermi e di scrivere quel pezzettino di storia. Io non do colpe a Pradè od alla squadra dirigenziale, ma so che necessitano del tempo giusto. Diamogli tempo.” Hai avuto modo di apprezzare, a quel tempo, gente del calibro di Toni, Gilardino e Mutu. Un attacco che si rimpiange in maniera particolare oggi “Allora sono, inevitabilmente, due attacchi diversi, ma per caratteristiche. L’attaccante come Toni, ora, non c’è. Non per fare paragoni, ma uno con quelle caratteristiche ad oggi non c’è proprio. Ci vorrebbe un riferimento centrale, di peso. Ovviamente, non dico che debba esserci uno del livello di Toni, ma serve un riferimento di quel tipo lì. Poi anche le seconde punte ed i trequartisti che avevamo, Mutu e Fiore per esempio, non ce li hai, adesso. Ma potenzialmente l’attacco attuale della Fiorentina può arrivare a quel livello lì. Prandelli vede in Franck Ribery un leader, ad oggi. L’unico di peso forse. Io, purtroppo, ho dovuto affrontarlo quando giocammo contro il Bayern Monaco in Champions League. È tra i cinque giocatori più forti che io abbia mai visto. Il resto del reparto offensivo viola è giovane ma può migliorare e maturare. Ed uno come Prandelli li potrebbe aiutare, ma alla grande. Può traghettarli in modo egregio in questo nuovo percorso.” Cosa servirebbe nel mercato di gennaio?  “Ma guarda. Io sono un tipo a cui piacciono le sfide. E lo è anche Prandelli a mio modo di vedere. Mi piace vedere il potenziale dei giocatori e farlo esplodere. Io non cambierei nulla, farei esplodere quel potenziale, ecco. Vlahovic e Kouame sono fortissimi e faranno innamorare i tifosi viola nuovamente.” Della Valle – Commisso presidenze a confronto…  “Io posso parlare solo dei miei vecchi presidenti, perché li ho vissuti in prima persona, non per altro. Ho avuto la fortuna di avere incontrato due persone fantastiche: Diego e Andrea. Una coppia presidenziale pazzesca. Andrea era tanto vicino alla squadra, a volte ci trovavamo anche a cena. Era una presenza costante nello spogliatoio, tutti i giorni. Diego lo era un po’ di meno, ma aveva carisma e capacità dialettica non indifferenti. Quelle poche volte che lo vedevi rimanevi abbagliato da una cultura ed un fascino clamoroso. Quando, per esempio, un giorno ci portarono a vedere la loro azienda rimanemmo tutti a bocca aperta. Quel giorno ci fecero da vere e proprie guide turistiche e ci fecero osservare quello che avevano creato loro. Dandoci modo di capire il calibro di persone che avevamo di fronte. Loro ci misero passione alla Fiorentina, fu bellissimo.” Sotto di loro è cresciuto uno come Federico Chiesa. Che pensiero ti sei fatto riguardo la sua cessione alla Juventus?  “Io parlo da esterno, non ho le conoscenze e competenze per giudicare la cessione tecnicamente. Ma l’impressione era che fosse volontà sua andare via. Se non sei al 100 % dentro è giusto che tu cambi rotta. Meglio per lui e per la Fiorentina.” Ti ci rivedresti, da qui ad un paio di anni, in quel di Firenze?  “Per me Firenze rimane una realtà non indifferente, una città che amo e che amerò per sempre. Sarebbe bellissimo un giorno lavorare in quel contesto lì. È chiaro. Ma ad oggi sono super concentrato su quello che è il mio percorso ed è il mio presente. Sono felice ed orgoglioso di essere alla Virtus Verona, non ho al momento dei traguardi. Ho la voglia di fare questo percorso e di arricchirmi. Di godermi fino in fondo la mia posizione attuale. Sono in uno staff straordinario, in una società dove sto vedendo cose che non ho mai visto nella mia carriera. Una metodologia di lavoro, una capacità di programmare certosina e precisa, per la quale mi ritengo fortunato ad essere qui.”
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