Antognoni: " Mi hanno trattato come fossi un magazziniere... "
L'ex numero dieci a ruota libera dalla possibilità di lasciare Firenze, allo storico passaggio di Baggio alla Juve
“La Juve nel ’77 e la Roma nell’80. Il presidente Viola m’invitò a casa sua. Nella Fiorentina erano entrati i Pontello. Liedholm, allenatore della Roma, mi voleva a tutti i costi. All’epoca c’era ancora il vincolo. Viola arrivò a offrirmi anche un attico a Piazza di Spagna. Mia moglie Rita, che è romana, spingeva perché accettassi il trasferimento. Con la Juve, invece, erano gli anni di piombo. Melloni, il presidente di allora, mi chiamò d’urgenza. Avevano minacciato di fargli saltare in aria la casa. Rimasi scioccato. L’affare saltò. La Juventus poi prese Platini”. Continua così la lunga intervista all'ex capitano della Fiorentina Giancarlo Antognoni che possiamo leggere oggi tra le pagine della Gazzetta dello Sport. L'ex numero dieci parla a ruota libera di tanti temi da quando ci fu la possibilità per lui di lasciare Firenze allo storico passaggio di Baggio alla Juventus.
Prosegue così l'intevista all'ex viola:
Il passaggio di Baggio alla Juve?
“L’ho vissuto da dirigente. Non facevo altro che andare su e giù dal mio ufficio. Scendevo e la rabbia dei tifosi sbolliva, risalivo e ripartiva il casino”.
Su Batistuta: “Grande professionista. Per i primi mesi ebbe difficoltà d’inserimento. Già tutti lo paragonavano a Dertycia, argentino che andò male a Firenze”.
Ora c’è Beltran, anche lui argentino pagato caro…
“Eh sì, non ce l’hanno regalato. Me ne parlano bene. Ma lasciamo stare i paragoni. Bati faceva gol in tutti i modi e da tutte le zone del campo”.
Su Socrates: “Fu preso al posto mio quando mi ruppi la tibia con la Sampdoria. Brasiliano, capitano della Seleçao, sembrava avere i requisiti giusti. Una volta mi chiese se in Italia avessimo i campi da calcio in salita perché eravamo fissati con il correre in salita. Un personaggio eccezionale, con lui potevi parlare di tutto”.
Perché non ha un ruolo in Fiorentina oggi?
“Me lo chiedo anch’io. Feci gli onori di casa con Commisso. Lo presentai davanti a 10 mila tifosi, sindaco incluso. All’inizio tutto bene, mi promossero pure technical manager, con lo stesso stipendio di settemila euro netti al mese. Briciole, se pensi ai soldi che girano, ma io con la Fiorentina non ho mai fatto questione di soldi. Il giorno prima della scadenza mi chiama Barone e mi fa: “Siamo intenzionati a mandarti al settore giovanile. Non l’ho presa bene. Ci sono rimasto di merda. Mi sono sentito declassato, era un modo per dire vattene. La peggiore delusione nel calcio. Il modo poi... Mi hanno trattato come fossi il magazziniere”.
Una storia definitivamente chiusa?
“Direi di sì. Mi piacerebbe tornare in Nazionale. Non pretendo la prima squadra, mi starebbe bene ripartire da quello che facevo prima. Sono stato capo delegazione dell’Under 21. Quando si trattò di scegliere per la maggiore, Tavecchio optò per Oriali. Ci restai male. Pensavo di meritarla quella chance”.
Ha mai pensato di fare l’allenatore?
“Non ho il carattere giusto. Non sarei mai capace di quella brutalità che serve per dire a uno: domani stai fuori”.