Comotto: "Nella Fiorentina mi sentivo una parte importante. Ovrebo? Errori troppo grandi per.."
Le dichiarazioni rilasciata al sito "Il Pallone Gonfiato" dell'ex difensore della squadra gigliata
Gianluca Comotto, ex difensore della Fiorentina con la quale ha giocato tre stagioni e mezzo (la prima parte del campionato 2003/04 e dal 2008 al 2011), ha rilasciato un'intervista al sito “Il Pallone Gonfiato” dove ha parlato anche della sua esperienza in maglia viola, ricordando mister Sinisa Mihajlovic, che ci ha lasciato prematuramente il 16 dicembre 2022, per un brutto male. Di seguito vi riportiamo un estratto della sua intervista.
Gianluca Comotto, le sue parole
RICORDO PIU' BELLO: “Sicuramente é quello di aver fatto il capitano un po’ dovunque sono andato. Probabilmente perché cercavo ed ero un esempio. Quindi ero il punto di riferimento di tutti quanti a partire dai compagni, allenatore e ambiente. Questa è stata la cosa più bella della mia carriera. Sentirsi un punto di riferimento in ogni piazza dove andavo, mi riempiva di soddisfazione. Ho cercato sempre di dare tutto per fare in modo che questo ruolo mi si confacesse”.
FIORENTINA: “Non mi sentivo un pilastro perché c’erano giocatori tecnicamente molto più forti di me, ma sicuramente mi sentivo una parte importante per altri punti di vista. La cosa bella è che era un gruppo formato da tanti italiani, un gruppo forte dove c’era un allenatore che in quegli anni a Firenze fece il meglio della propria carriera. Era una squadra che giocava un bel calcio e otteneva dei risultati. Per tre anni di fila, la Fiorentina fece punti per arrivare in Champions e anche in Europa con una semifinale di Europa League e un ottavo di finale di Champions, i risultati erano arrivati. Eravamo una bella realtà, una soddisfazione per il calcio italiano in generale. Io avevo 29 anni e ci arrivai già da ‘grandicello’ ma mi ero inserito in un gruppo nel quale la base era più o meno la stessa e che per 5-6 anni fece veramente delle grandi stagioni”.
ARBITRO OVREBO: “I ricordi dolorosi fanno parte della carriera. Più che altro una delusione, perché quando perdi l’accesso a un quarto di finale non per demeriti della propria squadra, ma per qualcosa che va oltre, il rammarico è ancora più grosso. Furono errori troppo grandi per non far dubitare il peggio. Quello è sicuro. Peccato perché quella squadra secondo me poteva arrivare a giocarsi anche una semifinale di Champions. Rimane quel rammarico”.
VITTORIA VS LIVERPOOL: “Noi avevamo una grande organizzazione di base sia in fase di possesso che di non possesso. Poi una consapevolezza che era cresciuta sempre di più perché ci accorgevamo che qualunque squadra che andavamo ad affrontare, non ci metteva mai sotto. Nel match d’andata al Franchi contro il Liverpool, avevamo fatto un primo tempo incredibile dominando. Il ritorno a Anfield fu più sofferto, ma più passavano i minuti e più ci rendevamo conto che era il Liverpool ad avere paura di noi Questa consapevolezza ci portò ad attaccare anche negli ultimi minuti, poi Vargas e Gilardino fecero qualcosa di straordinario che ci portò ad espugnare Anfield”.
MIHAJLOVIC: “Su Sinisa si sono sprecate tante parole e tutte meritata, perché era un personaggio veramente unico. Io avevo un bellissimo rapporto con lui, anche se non giocavo sempre perché c’era De Silvestri che è attualmente al Bologna. Diciamo che facevamo la staffetta io e lui: io in carriera ho sempre giocato titolare, ma Sinisa era talmente intelligente e talmente carismatico che riuscì a farmi accettare anche la staffetta. Dunque l’accettare qualche panchina. Poi a fine anno, io andavo a scadenza di contratto e c’è un episodio che mi rimase impresso. Sinisa mi disse: ‘voglio che il prossimo anno tu sia ancora con me per via di come ti sei comportato, sei un esempio per questo gruppo’. Poi alla fine non rinnovai per altre motivazioni ma questa stima di Sinisa, me la porterò dietro per sempre”.
FIGLIO CHRISTIAN: “Christian ha sempre avuto il calcio nel sangue. Mi ricordo la scena bellissima di quando giocavo a Firenze nella Fiorentina: lui aveva 5 anni. Gli altri bambini giocavano nel parco e di fianco a Campo di Marte a Firenze, c’era una scuola calcio e lui lo trovavi appiccicato alla rete a guardare i ragazzini che si allenavano, invece di stare a giocare sulle altalene o ai vari giochi che puoi trovare in un parco. Dunque lui è sempre stato attirato e per fortuna ha pure vissuto qualche anno della mia carriera. Questa cosa gli è rimasta dentro, io non sono uno di quei genitori che dice ‘no no, io la carriera da calciatore non gliela riproporrei’. Io avendo visto e percepito che questa era la sua passione, ho cercato sempre di stimolarlo e di stare dietro ai suoi desideri. Normale che qualche consiglio dal punto di vista mentale gliel’ho dato, il modo di vivere il calcio gliel’ho sempre dato. E’ ancora giovane e di strada ne deve fare tanta, ma quando hai la fortuna di fare ciò che ti piace sicuramente ha uno stimolo in più. A chi somiglia? Lui si può definire un centrocampista moderno, nel senso che i ruoli li fa un po’ tutti. Diciamo che io lo vedo al momento lo vedo come un calciatore alla Tonali, come caratteristiche. Certo, di strada per arrivare a quei livelli ne deve fare. E’ un combattivo, avendo il carattere del padre”.
LEGGI ANCHE: Italiano, causa mercato urge un cambiamento tattico